Brescia, strage di piazza della Loggia: sì alla revisione, nuovo processo per Tramonte

La Corte di Appello ha accolto l’istanza di revisione presentata dai difensori. Affronterà il sesto giudizio

La mattina del 28 maggio ‘74 in Piazza della Loggia

La mattina del 28 maggio ‘74 in Piazza della Loggia

Brescia - Maurizio Tramonte avrà un nuovo processo per la strage di piazza della Loggia. Il sesto. Ieri la Corte d’Appello ha accolto l’istanza di revisione dell’ergastolo inflitto in via definitiva nel 2017 all’ex Fonte Tritone, la spia dei servizi segreti che negli anni ‘70 frequentava Ordine nuovo, gli ambienti della destra eversiva e il medico veneziano Carlo Maria Maggi (a sua volta condannato all’ergastolo per la bomba di Brescia e morto ai domiciliari). I giudici - presidente, Giulio Deantoni - dopo quattro ore di camera di consiglio hanno deciso di disporre un nuovo giudizio per sentire la moglie che Tramonte sposò nel febbraio ‘74, Patrizia, e la sorella maggiore, Manuela, mai ascoltate finora. Ha accolto solo una parte della corposa istanza difensiva, che puntava anche a ottenere l’inutilizzabilità delle dichiarazioni confessorie del 70enne padovano - ritrattate in sede processuale - rese quando non era ancora indagato e una perizia su una foto di giornale che per l’accusa lo ritrarrebbe all’ombra della Loggia subito dopo l’esplosione. Una presenza da lui negata con forza.

"L’ottenimento della revisione è un risultato eccezionale - giubila l’avvocato palermitano Baldassarre Lauria -. Le due donne sono in grado di smentire la somiglianza di Tramonte con l’uomo della foto. All’epoca il nostro assistito aveva una barba lunga e folta, e c’è una foto di inizio giugno, scattata tre giorni dopo la strage, in cui lo si vede con quella barba lunga sulla moto Ducati appena comprata. Una barba incompatibile con il volto liscio fotografato in piazza". A differenza dell’accusa e delle parti civili, Lauria è convinto che la presenza di Tramonte sul luogo dell’eccidio sia un “baricentro“ della sentenza di condanna d’appello bis di Milano del 2015 - poi recepita dalla Cassazione - giunta dopo due assoluzioni emesse proprio a Brescia. "Presenterò subito domanda di sospensione dell’esecuzione della pena e chiederò i domiciliari: Tramonte ora non è più un ergastolano ma un imputato". La riapertura del processo - il sedicesimo per la strage - è stata accolta con la solita luminosa dignità da Manlio Milani, il presidente dell’associazione vittime, al quale la bomba uccise la moglie Livia: "Andiamo avanti all’insegna della legalità - si è stretto nelle spalle - Certo la difesa ha peccato di stile sostenendo che ci siamo abbeverati della condanna di un innocente pur di avere un colpevole. È vero il contrario, a noi è interessata solo la verità". Per gli avvocati di parte civile - da Michele Bontempi a Silvia Guarneri, da Alessandro Magoni a Piergiorgio Vittorini - l’istanza era da bocciare.