"Sparano su tutto ciò che si muove Persino sulla croce dell’ambulanza"

Le testimonianze delle volontarie del centro di Folzano in contatto diretto con i connazionali sotto assedio

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di Federica Pacella

Tatiana riempie con pazienza dei sacchetti di plastica con presìdi sanitari di primo intervento. "Sono i kit di pronto soccorso per i soldati al fronte, li lascio aperti per ora perché manca il betadine, necessario per disinfettare. Speriamo arrivi. Servono anche lacci emostatici, creme per ustioni, antibiotici, assorbenti e pannolini per i bambini - prosegue - l’elenco è lungo, là manca tutto". Da 22 anni in Italia, Tatiana è una dei tanti volontari, italiani ed ucraini, che da un mese, incessantemente, stanno raccogliendo, smistando ed inviando aiuti in Ucraina, da quando, esattamente un mese fa, il 24 febbraio, è iniziata l’aggressione della Russia. "Là ho i miei genitori, tanti amici", commenta commossa. Un mese dopo, alla rabbia per l’invasione, si aggiunge quella per ciò che sta accadendo ai civili. "Sparano su tutto ciò che si muove – racconta Oksana, mostrando sul cellulare le immagini inviate dal fronte – guardi, hanno sparato persino sulla croce dell’ambulanza".

In Ucraina Oksana è andata di recente proprio per portare un’ambulanza, uno dei tanti aiuti partiti da Folzano. Come lei, e le altre volontarie del centro di via Folzano, sono tante le donne protagoniste della gestione degli aiuti ma anche sul campo di battaglia. "Proprio questa mattina (ieri per chi legge, ndr) ho sentito una ragazza, 27 anni, che da Brescia è tornata in Ucraina per combattere". Difficile dire come finirà la guerra, ma di una cosa Oksana è certa. "Il nostro esercito non si arrende: anche se il presidente dovesse farlo, il popolo continuerà a combattere. Non si può accettare quello che stanno facendo: bombardano gli ospedali, sparano ai civili. Non si può dimenticare". E i politici italiani che hanno disertato il collegamento del presidente Zelensky col Parlamento? "Cosa devo dire? Vogliono coinvolgere noi ucraini per dire no alla guerra, no alla Nato, ma fanno solo disinformazione. Forse pensano al comunismo come è scritto nei libri, dove sembra tutto ideale, dove tutti siamo uguali, ma noi sappiamo cosa vuol dire davvero. Io mi ricordo quando venivano nelle classi, a scuola, a sputare addosso a chi era andato in chiesa. Una volta, da bambina, disegnai le corna su una immagine di Lenin: mia madre fu lasciata senza stipendio per due mesi". Ora, alla preoccupazione per la raccolta di aiuti da mandare in Ucraina, si aggiunge quella per la sede di Folzano, che è a rischio sfratto. Prima della guerra, i 2.800 euro di affitto erano coperti dall’attività commerciale, legata agli spostamenti di bus tra Brescia e l’Ucraina. Con la guerra, tutto si è fermato ed il capannone è stato riconvertito spontaneamente in centro logistico per gli aiuti.