Delitto Marcheno, i giudici: "Mario Bozzoli ucciso dal nipote per odio, operai complici"

Le motivazioni della sentenza: Giacomo non merita attenuanti. Il suicidio di uno degli addetti ai forni: "Era disperato per il senso di colpa"

Giacomo Bozzoli

Giacomo Bozzoli

Brescia - Mario Bozzoli è stato "assassinato" nella fonderia di famiglia poco dopo le 19,15 dell’8 ottobre 2015. E l’omicidio "è stato commesso dal nipote Giacomo con la complicità degli addetti ai forni, Giuseppe Ghirardini e Oscar Maggi, e la connivenza dell’operaio Aboagye Akwasi e del fratello Alex". In 270 pagine la Corte d’assise motiva l’ergastolo inflitto al giovane Bozzoli, che si è sempre professato innocente. Ma i giudici, presidente Roberto Spanò, non hanno creduto al 37enne: Il movente? "Deve ritenersi appurato sia da individuare nell’odio covato da Giacomo", il quale non merita alcuna attenuante: "Nell’immediatezza della scomparsa dello zio, ha cercato di disonorarne la memoria cercando di farlo apparire come un fedifrago fuggitivo".

Tassello dopo tassello

Giacomo lo "detestava e intendeva liberarsene ritenendolo d’intralcio per i propri progetti e le aspettative ereditarie". L’esperimento giudiziale del maialino gettato in un un forno disposto dalla Corte ha chiuso il cerchio di un’inchiesta difficile, avocata dalla procura generale e durata anni. Arrivare al convincimento della colpevolezza oltre ragionevole dubbio ha richiesto una "cernita attenta" dei tasselli probatori, scremati dopo un’attività investigativa "ipertrofica su cui ha gravato negativamente la mediaticità del caso", sfociata in una "trama organica e coerente". L’infondatezza di un gesto volontario ("Non vi è motivo di ritenere che Mario covasse propositi suicidiari dal momento che godeva di buona salute non aveva problemi economici e la sua vita era proiettata verso l’avvenire dei figli. Neppure la pista della fuga d’amore si è rivelata percorribile").

Gli indizi decisivi

Le tre telecamere - contrassegnate dai numeri 3, 4 e 6, che avrebbero consentito di risolvere il giallo - spostate su punti morti in fonderia, e l’impianto era gestito solo da Alex e Giacomo. La fumata anomala dal forno grande alle 19,18 e la "consapevole opera di depistaggio dalle persone presenti, che hanno ripetuto artificiosamente la versione del titolare il quale, parcheggiato il muletto, era stato visto si avviarsi allo spogliatoio con la felpa sulle spalle" sono certi i giudici. Che scrivono: "Non può sfuggire che i presenti abbiano accuratamente cercato di allontanare Mario dalla fumata anticipando o posticipando la sua scomparsa". E ancora, c’è la mancanza di una plausibile ragione per il ritorno in azienda dell’imputato a dieci minuti dall’uscita, non per ordinare un cambio di produzione come riferito. Piuttosto, il 37enne si era "allarmato per la mancata risposta del fratello con riferimento a un argormento incofessabile".

Il suicidio di Giuseppe Ghirardini

Capitolo suicidio di Ghirardini. Un sucidio ‘parlante’, frutto della "disperazione per il senso di colpa e la vergogna per la gravità del fatto commesso. Un rimorso di tale portata non poteva essere provocato da ciò che aveva visto, ma che aveva fatto". E il denaro ricevuto - 4.400 euro in banconote in serie rinvenute a casa sua - "comprova che aveva agito su mandato di un altro". Le intercettazioni ambientali del 15 ottobre tra Abu e Maggi ("Se Beppo sbaglia a parlare siamo rovinati") lasciano intuire che temevano confessasse. Parole che pesano come "macigni".