
Sara Capoferri sale in auto all’uscita dalla caserma dei carabinieri che per 10 giorni l’hanno cercata anche con i cani molecolari
Brescia, 5 marzo 2017 - «Mi sono allontanata perché volevo liberarmi. Ho capito che ero in una spirale da cui non riuscivo a uscire. Chi mi è più mancato è stata mia figlia. Ora, però, mi rendo conto anche dell’importanza di mia sorella e dei miei nipotini, nonché di tutti gli altri famigliari». Sara Capoferri, la 37enne in fuga dalla notte tra martedì 21 e mercoledì 22 febbraio dopo avere abbandonato l’auto poi trovata in fiamme giovedì 23 per motivi ancora da stabilire, è stata ritrovata viva. A ricostruire la vicenda è la stessa Sara. «Quando ho lasciato la mia auto vedevo tutto nero. Ero sconvolta. Ho camminato per moltissime ore tra i campi. A Lograto ho preso un bus per Brescia e poi il tram per Rezzato».
Lì Sara ha incontrato quello che lei stessa non ha esitato a definire un angelo, un ragazzo di colore. «Keyta mi ha notato alla fermata. Ero spaesata e stremata. Non mangiavo da ore - continua - mi ha chiesto se avessi fame. Ho risposto di sì. Così mi ha offerto la cena. Mi ha domandato che cosa mi fosse successo. Gli ho spiegato che mi sono voluta allontanare da una situazione che non mi faceva stare bene. Da quel mercoledì sera mi ha generosamente ospitato in casa sua, con estremo rispetto. Grazie a Keyta sono rinata. In questi giorni sono riuscita a ragionare». La svolta è arrivata ieri mattina quando un ragazzo di Rezzato ha pubblicato un post pubblico sulla pagina di Sara in cui riferiva di avere notizie. Da quel momento sono iniziate le indagini dei carabinieri.
«Nel momento in cui ho letto quello che ha scritto il ragazzo, che si chiama Cristian, l’ho contattato - spiega la sorella di Sara, Monia - nel frattempo i carabinieri ci stavano ascoltando. Mi ha detto di averla vista venerdì sera in un bar del suo paese. Così ci siamo accordati per vederci. Mi sono recata a Rezzato insieme agli uomini dell’Arma, che ringrazio per il lavoro incredibile che hanno fatto».
Il lavoro dell’Arma e l’abnegazione della sorella, che non ha mai smesso di stare in contatto con gli investigatori, hanno riportato a casa Sara. La giovane madre ha assicurato che si curerà e che mai più dubiterà dell’amore dei famigliari. «Questa storia mi ha insegnato - ha concluso Sara - che posso fidarmi delle persone e che devo evitare gli amici sbagliati. Grazie a tutti. Specie a mia sorella, alla mia famiglia e ai carabinieri».