Strage Piazza della Loggia, "Ora Tramonte faccia i nomi di chi lo ha aiutato"

Brescia, Manlio Milani (Casa della Memoria) alla ricerca della verità storica

Manlio Milani, presidente dell’Associazione vittime della Strage

Manlio Milani, presidente dell’Associazione vittime della Strage

Brescia, 22 dicembre 2017 - Da un lato c’è la soddisfazione per l’estradizione di Maurizio Tramonte che da martedì si trova in carcere in Italia, dall’altro c’è la speranza che ora però la corsa verso la verità sulla strage di piazza della Loggia del 28 maggio 1974 (8 morti e 102 feriti) non si esaurisca con il ritorno di uno dei due condannati all’ergastolo (l’altro, l’ottantenne Carlo Maria Maggi fondatore di Ordine Nuovo e per i giudici mente della strage di matrice fascista è ai domiciliari a Venezia per il suo precario stato di salute) non si esaurisca.

A sottolineare questi due aspetti è Manlio Milani, presidente dell’Associazione vittime della Strage e marito di una delle otto vittime di piazza della Loggia. «La sua estradizione dal Portogallo dove si era rifugiato per scampare all’arresto dopo la conferma dell’ergastolo da parte della Cassazione è un riscatto istituzionale - ricorda Milani - In Portogallo non c’è l’ergastolo e il rischio che Lisbona non concedesse l’estradizione c’era. L’impegno è stato mantenuto». Milani si augura che il 65enne, l’ex fonte “Tritone” dei servizi segreti, ora racconti la verità: «Dica quello che fino a oggi ha taciuto - spiega nella conferenza stampa convocata dalla Casa della Memoria di Brescia a due giorni dal ritorno in Italia di Tramonte - Può aiutare a chiarire finalmente cosa è accaduto nel quinquennio tra il 1969 e il 1974». Per Milani anche altri devono aprire i loro "armadi" per fare uscire la verità. «Il tempo delle responsabilità è arrivato per molti - ricorda Milani sottolineando come dal centrodestra si siano levati pochi commenti favorevoli al ritorno di Tramonte in Italia. La destra bresciana ad esempio deve aprire i propri “album fotografici”. Maggi e Tramonte, che non sono “pesci piccoli” come qualcuno vorrebbe far credere, sono arrivati da fuori provincia, ma nel Bresciano hanno trovato una serie di appoggi logistici che gli hanno permesso di portare a termine la strage. Per la destra bresciana è arrivato il momento di rompere finalmente il silenzio». 

Per arrivare alla verità serve però che finalmente vengano desecretati tutti i documenti dei servizi segreti così come impone il decreto firmato da Matteo Renzi nel 2014 e che di fatto ha tolto il segreto di Stato sui fatti di Ustica, Peteano, Italicus, Piazza Fontana, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, Stazione di Bologna, rapido 904. «Sono ancora troppi gli atti rimasti segreti o che non si trovano – ricorda Filippo Iannaci della Casa della Memoria – Ci hanno fatto entrare in un museo ma invece dei quadri ci hanno fatto vedere soltanto le cornici. Di questo abbiamo parlato lo scorso 14 dicembre a Roma nell’incontro con la Presidenza del Consiglio e l’Archivio centrale dello Stato che ha chiuso i lavori del comitato sull’attività di versamento della documentazione «liberata« dalla direttiva del Governo. Abbiamo sollecitato la creazione di un osservatorio che tenga monitorata l’attività di versamento degli atti negli archivi. A gennaio le nostre richieste verranno formalizzate».