"Non sposerai mai un italiano". Pakistana sgozzata da padre e fratello

Sana viveva e lavorava a Brescia, ha detto no al matrimonio combinato

Sana Cheema in una foto sul suo profilo Instagram

Sana Cheema in una foto sul suo profilo Instagram

Brescia, 22 aprile 2018 - E' stata uccisa perché voleva vivere come una occidentale e scegliere l’uomo da sposare, senza accettare un matrimonio imposto dalla famiglia. L’ennesima vittima di un padre padrone è Sana Cheema, 25 anni, nata in Pakistan ma cresciuta in provincia di Brescia, tra i paesaggi di Verolanuova nella bassa pianura e la città capoluogo, dove alloggiava nel quartiere Fiumicello, in un palazzo popolare di via Carolina Bevilacqua 40, fatto di tanti appartamenti dove abitano italiani e stranieri. La sua giovane vita è terminata nel Paese nativo, nel distretto di Gujarat, non distante dal confine con l’India. Sgozzata dal padre Mustafa e dal fratello, i quali, secondo quanto appreso da fonti non ufficiali, sarebbero stati denunciati dalla madre della ragazza e messi in stato di fermo.

A scatenare la loro rabbia, sempre secondo quanto appreso da persone vicine alla ragazza che hanno deciso di denunciare l’accaduto ai giornali, sarebbe stata la volontà della giovane, che a Brescia frequentava un ragazzo, di non sottostare alle decisioni paterne, stabilendo lei stessa con chi trascorrere la propria vita e fare dei figli.

La storia di Sana ricorda tristemente quella della sua connazionale Hina uccisa l’11 agosto 2006 a Sarezzo dal padre Mohammed e dai cognati Zahid e Khalid. Anche in quel caso a scatenare la furia dei parenti fu la scelta amorosa fatta dalla giovane, che si era fidanzata con il pisognese Giuseppe Tempini. Sana aveva studiato all’istituto Pascal e nel 2009 la sua era una delle «pagelle d’oro dell’istituto». Secondo chi la conosceva era una ragazza «allegra e solare, molto integrata». Dopo il diploma aveva seguito corsi specifici ed era diventata istruttrice certificata di scuola guida, abilitata a insegnare a italiani e stranieri.

«Sono stato uno dei docenti di Sana – spiega Matteo Soana, presidente della Magnum srl, società che possiede numerose autoscuole tra cui l'autoscuola Omar di via Bevilacqua, –. Era una ragazza molto preparata. Formava sia italiani sia suoi connazionali, a cui dava lezioni anche in hurdu, insegnando loro a comprendere il nostro codice della strada. Non la sentivo da quasi un anno. So però che aveva molti sogni e che era una brava ragazza». Sana, dopo l’esperienza all’autoscuola, aveva iniziato a gestire un’agenzia di pratiche automobilistiche soprattutto per connazionali. E a frequentare un ragazzo che vive nella provincia bresciana, italiano di seconda generazione come lei, che aveva ottenuto la cittadinanza nel settembre scorso. Secondo le informazioni raccolte dai vicini di casa e dalle persone che abitano nel quartiere, Sana era partita un paio di mesi fa per andare a trovare i parenti in Pakistan, a Gujarat, dove vive la madre. Il padre e il fratello (che si era trasferito per lavoro in Germania) l’hanno raggiunta in un secondo momento, circa due settimane fa. E di fronte al rifiuto della ragazza di accettare un matrimonio combinato, sarebbe nata la tragedia.

Su quanto sia accaduto di preciso in Pakistan, però, ci sono versioni contraddittorie e alcuni amici del padre sostengono che la ragazza è stata stroncata da un malore. La certezza è che Sana è morta alcuni giorni fa ed è già stata sepolta. E che la notizia della morte ha suscitato in Italia dure reazioni e polemiche. Per il deputato leghista Paolo Grimoldi «la magistratura italiana deve fare chiarezza su questo episodio che coinvolge una ragazza italiana» Secondo il reggente del Pd, Maurizio Martina, «quella di Sana è una morte inaccettabile», mentre per la leader di Fd’I, Giorgia Meloni, «Sana è vittima di un fondamentalismo tribale, di una cultura da cui non abbiamo nulla da imparare». «In Italia – scrive lapidario Salvini su Facebook – nessuno spazio per chi viene a portare questa “cultura”».