
L’omicidio di Carlo Mortilli, rappresentante trentenne di orologi di lusso che il 21 maggio 1997 fu freddato da un colpo di pistola nel parcheggio dell’hotel West Garda di Padenghe, dopo 26 anni torna in Tribunale. Il pm della Dda Francesco Carlo Milanesi ha chiesto il rinvio a giudizio di Alessandro Galletta, cinquantenne siciliano da anni di casa in provincia di Brescia. Per l’accusa è il terzo uomo implicato nel delitto, e per questo dev’essere processato.
All’epoca Galletta finì nel registro degli indagati, ma la sua posizione andò archiviata per assenza di riscontri certi. L’accusa nei suoi confronti è però tornata in auge corroborata dalla scienza, e ora l’uomo, un pluripregiudicato, comparirà (a piede libero) di fronte al gip il 27 ottobre per l’udienza preliminare.
Quella sera di maggio Mortilli fu attirato in trappola da dei finti clienti che la vittima credeva interessati a un affare, invece intendevano rapinarlo e portarsi via la sua valigetta carica di preziosi. Uno dei banditi premette il grilletto, sparandogli a bruciapelo.
Per la giustizia a uccidere fu Marcello Domenico Fortugno, condannato per l’omicidio e la rapina a 17 anni e otto mesi. Con lui c’era Fabio Cosoleto, colui che avrebbe teso la trappola, ritenuto colpevole solo di rapina e che rimediò una condanna a quattro anni. Fortugno e Cosoleto furono assolti in primo grado ma la Corte d’assise d’appello ribaltò il verdetto, poi confermato dalla Cassazione. Sulla scena del crimine era stato collocato anche Galletta, che ha sempre negato l’omicidio ma non hai mai chiesto di farsi sentire dal pm.
Su alcuni reperti sequestrati nell’immediatezza dei fatti – una calza usata come passamontagna e un guanto – era stato appunto isolato un Dna. Di recente il profilo genetico del cinquantenne, raccolto dalla penitenziaria in occasione di un suo ingresso in carcere nel 2016 per altri fatti, e inserito nella banca dati nazionale del Dna (attiva proprio da quell’anno), si è scoperto che combacerebbe.
Stando al Ris, che ha condotto una serie di accertamenti all’epoca e nei mesi scorsi, quel Dna è perfettamente utilizzabile anche se i reperti – essendo ormai la sentenza carico di Fortugno e Cosoleto definitiva – sono stati distrutti. Evidenze che hanno trovato spazio nel fascicolo della procura la quale, nel corso della nuova indagine, ha lavorato anche all’ipotesi dell’omicidio commesso per vendetta in un contesto di criminalità organizzata. Un’ipotesi tuttavia mai sfociata in una contestazione formale.