Brescia, delitto Diva Borin: omicidio premeditato per avere l’eredità

Chiuse le indagini sulla morte dell'anziana: l’unico indagato è Salvatore Spina, 38 anni, 'badante' della donna

La porta della casa con i sigilli

La porta della casa con i sigilli

Brescia, 8 febbraio 2020 - Il caso del delitto di Diva Borin, la 86enne uccisa la sera del 1 marzo 2019 nella sua casa al quartiere Abba in città, è chiuso. La Procura ha concluso le indagini e notificato l’avviso 415 bis all’unico sospettato: Salvatore Spina, 38enne di Travagliato, uomo tuttofare della signora. Il pm Antonio Bassolino gli contesta l’omicidio aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti, nonché la frode processuale. Il movente? Accaparrarsi l’eredità della vedova che nel giugno 2018 lo aveva incluso nell’asse testamentario, ma che da un momento all’altro avrebbe potuto cambiare idea e dirottare tutto su una nuova badante.

Dipendente della macelleria del vicino Family Market, Spina con la moglie per mesi aveva aiutato Diva Borin con le faccende domestiche, e aveva anche le chiavi di casa sua. Il 2 marzo quando l’ha trovata morta sul divano del soggiorno, è stato lui a dare l’allarme. Un allarme per allontanare i sospetti, ritiene chi indaga. Perché in realtà la sera precedente, venerdì, l’avrebbe ammazzata mettendole le mani attorno al collo e finendola con un foulard. Poi avrebbe ‘truccato’ la scena del crimine spostando il corpo e facendo sparire il cellulare della vittima (mai più trovato) per deviare le responsabilità e dissimulare l’omicidio. Da qualche tempo Spina aveva maturato l’idea di uccidere l’anziana, sostiene la Procura.

Eliminare la signora Borin, un figlio morto 26 anni fa in un incidente stradale a Castegnato, nessun parente diretto tranne Christian, il figlio del figlio, gli avrebbe procurato un immediato vantaggio: "conseguire definitivamente quanto da ella disposto in suo favore in sede di ultime volontà", si legge nel provvedimento di chiusura indagini, cioè metà della sua casa di proprietà e 60mila euro (la vedova aveva anche sottoscritto una polizza in scadenza intestata a Spina e al nipote). Scongiurando così il concreto rischio che, come già avvenuto per ben due volte in passato, cambiasse le disposizioni testamentarie, favorendo magari la nuova badante che nelle ultime settimane si era presa cura di lei in modo costante e assiduo a differenza dell’indagato e della moglie, ultimamente non così liberi da poterla accudire sempre.

Così, conoscendo bene le abitudini della vittima, Spina altro non avrebbe fatto che attendere “il momento propizio“. La sera del primo marzo si è recato dalla 86enne all’ora di cena. L’ha assalita alle spalle "soffocandola mediante un’azione combinata di occlusione delle vie respiratorie e di vero e proprio strangolamento utilizzando, all’uopo, un foulard della stessa vittima, con una pressione così elevata da cagionare contestualmente anche la rottura del rachide cervicale". Quindi, avrebbe spostato il corpo adagiando la malcapitata su un divano del soggiorno contro una parete e stringendole un foulard attorno al collo così da ‘inscenare’ una morte per soffocamento la cui origine potesse apparire diversa da quella reale. Da ultimo, ha fatto sparire il telefonino, sono convinti il pm e la Mobile. Poi se n’è andato chiudendo l’abitazione a chiave. Spina però si è sempre proclamato innocente: "Il mio assistito è molto dispiaciuto e frastornato da un’accusa così pesante, che lo tocca doppiamente considerando che era molto legato alla signora – lo difende l’avvocato Giacomo Nodari -. Non solo. Da subito si è messo a disposizione degli inquirenti". Ora ha 20 giorni per farsi interrogare o depositare memorie: "Valuteremo il materiale probatorio, poi decideremo".