Omicidio di Daniela Bani, appello al ministro: "L’assassino di mia figlia sconti la pena"

La mamma della giovane teme che il killer, in cella in Tunisia, sia liberato

Daniela Bani con Mootaz Chambi

Daniela Bani con Mootaz Chambi

Brescia, 23 settembre 2019 -  «Il ministro della Giustizia Antonio Bonafede prenda in mano la situazione e la definisca, non possiamo vivere nella paura». A parlare è Giuseppina Ghilardi, la mamma di Daniela Bani, la trentenne di Palazzolo sull’Oglio uccisa il 22 settembre 2014 con 37 coltellate dal marito tunisino Mootaz Chambi, rimasto latitante per quasi 5 anni e ora – almeno in teoria - detenuto in Tunisia. Per la giustizia italiana il caso è chiuso: il 14 giugno la Cassazione ha confermato la condanna a 30 anni per l’assassino della donna, massacrata per gelosia nell’abitazione coniugale.

A cinque anni dall’omicidio, la signora Giusy rivolge un appello al Guardasigilli perché risolva il pasticcio burocratico in cui è impigliato il caso: c’è infatti il rischio che Mootaz torni libero - se già non lo è , impossibile cntrollare - giacché tecnicamente si trova ancora in custodia cautelare in Tunisia e la custodia cautelare è una misura temporanea. «Voglio essere sicura – dice Giusy – che rimanga in cella e sconti la condanna. Io e i miei nipotini (Jussef e Rayen, oggi 12 e 8 anni, che vivono con lei, il marito e il secondo figlio) non possiamo stare con il pensiero che esca di prigione, magari ritorni in Italia più incattivito che mai e compia qualche vendetta». La mamma di Daniela non parla a vanvera: ha già ricevuto misteriose telefonate anonime da numeri tunisini. L’uomo era stato arrestato nel febbraio scorso a Tunisi in esecuzione di un mandato di cattura internazionale. Subito dopo l’omicidio era fuggito in Africa, dove aveva proseguito la sua vita regolare, scrivendo anche su Facebook, mentre in Italia si celebravano i processi di primo e secondo grado. Solo dopo una serie di appelli alla politica è stato rintracciato e portato in carcere. E ora? Perché vi rimanga, la sentenza definitiva dovrebbe essere riconosciuta dalle autorità tunisine. L’estradizione in Italia infatti non è prevista.