Vent’anni fa iniziava l’incubo mucca pazza, l’allevatore: così siamo rinati dal disastro

Brescia, dal caso della “vacca 103“ agli abbattimenti di massa. All’allevamento dei fratelli Fontana: ci trattarono come criminali

I fratelli Carlo e Andrea Fontana dell’allevamento di Cascina Caove di Verolanuova

I fratelli Carlo e Andrea Fontana dell’allevamento di Cascina Caove di Verolanuova

Brescia, 15 gennaio 2021 - Il 2001 era iniziato da appena 12 giorni, quando, con la macellazione della ‘vacca 103’ della cascina Malpensata di Pontevico, l’Italia scoprì che il ‘morbo della mucca pazza’ non era più solo un problema dell’Inghilterra. Iniziava così una delle pagine più buie per l’agroalimentare italiano, che, per qualche anno, portò a bandire dalle tavole piatti come la bistecca fiorentina o l’ossobuco, creando danni all’intero comparto. Diagnosticata per la prima vota in Gran Bretagna nel 1985, la Bse, encefalopatia spongiforme bovina, aveva viaggiato fino al Bresciano, terra di allevatori e agricoltura, attraverso le farine animali, al tempo usate per il loro valore proteico (poi saranno bandite per diversi anni). Dopo il primo caso, che alla famiglia Segni, proprietaria dell’allevamento di cascina Malpensata, costò l’abbattimento di 190 capi, scattò l’allarme in tutta Italia, con controlli a tappeto da parte delle autorità sanitarie. 

«Nel nostro Paese, in tutto, sono stati registrati 145 focolai – spiega Laura Gemma Brenzoni, direttore servizi sanità animale di Ats Brescia – in Lombardia 46, nel Bresciano 15. Il Paese più colpito, però, è l’Inghilterra, dove si è registrato il 96% dei 190 mila focolai rilevati dalla prima diagnosi degli anni ‘80». L’emergenza non è stata tanto sanitaria, quanto economica per tutta la filiera: nessuno si fidava più a consumare carne rossa. «Lì per lì era come essere il delinquente di turno – ricorda Andrea Fontana, al tempo 20enne, titolare col fratello Carlo della cascina Canove di Verolanuova, dove si registrò il secondo caso di Bse – ti guardavano come se avessi immesso carne infetta sul mercato. Ci siamo trovati i Nas in casa, ma noi ci eravamo semplicemente fidati del nostro fornitore di mangimi, che purtroppo aveva comprato una partita infetta di farine animali. Nessuno immaginava che il morbo arrivasse da lì». Fontana ricorda la scelta sofferta presa dalla sua famiglia di abbattere tutti i 200 capi dell’azienda agricola. «Siamo stati tra i primi a farlo. In due settimane avevamo l’allevamento vuoto, anni di lavoro cancellati in pochi giorni. Posso dire che ci siamo ripresi, ai primi di aprile stavamo già mungendo le nuove vacche. Negli anni siamo cresciuti, oggi abbiamo raddoppiato l’allevamento».

Della Bse resta comunque anche un’eredità positiva in termini di maggiore sicurezza alimentare: basti pensare che sulla scorta di quella vicenda nacque l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare. «La crisi della Bse è stata uno spartiacque – conferma Gemma – dopo il crollo di fiducia nelle istituzioni comunitarie, si è innescato un processo di analisi, con commissioni di inchiesta, che hanno portato ad una profonda ristrutturazione delle istituzioni ed all’adozione di normative basate sulle evidenze scientifiche, con comitati indipendenti, trasparenti e competenti». Sono cambiati anche i sistemi di controllo, con i responsabili che, a loro volta, vengono monitorati da enti superiori. 

«Il produttore è stato messo al centro del sistema, in quanto responsabile in prima persona. Da lì si è diffuso anche il principio dello ‘One Health’, ovvero il legame tra la salute degli essere umani, di animali ed ambiente». Tutte armi che ancora oggi vengono in soccorso della zootenica alle prese con nuove minacce come peste suina ed aviaria. «Noi facciamo la nostra parte – sottolinea Gemma – ma serve la collaborazione di tutti nell’adozione scrupolosa delle norme di biosicurezza. Non parlo solo di allevatori. Per la peste suina, importante anche il ruolo dei cacciatori, visto che la malattia è veicolata dai cinghiali. Chiunque avvista un capo morto, deve segnalarlo alla Polizia provinciale, per i dovuti controlli».