Il matrimonio va a rotoli, il marito le chiede di cercarsi un’altra casa e diventa bersaglio di minacce, pedinamenti, messaggi minatori, violenze verbali e fisiche. "Non ce la facevo più" ha dichiarato lui ieri in aula.
Originaria del Camerun - ma ormai cittadina italiana - poco più di 30 anni, la donna è imputata di atti persecutori nei confronti dell’ex consorte, un operaio con dieci anni di più, della Valtrompia, padre del suo bambino. I due si erano conosciuti nel 2009 e si erano sposati nel 2014. Le nozze però dopo la nascita del figlio non sono durate a lungo e nel 2017 erano al capolinea. Quando il compagno ha preso in mano la situazione l’imputata avrebbe perso la testa. Senza un lavoro, e all’epoca senza la volontà di cercarsene uno, l’imputata avrebbe in più circostanze insultato e alzato le mani nei confronti dell’ex, che la invitava a darsi da fare per cercare un modo di mantenersi e trovare un appartamento tutto suo, anche davanti al bambino.
La crisi si è protratta per anni, durante i quali la vittima ha più volte sporto denuncia - tanto che l’imputata è già stata condannata per lesioni nei suoi confronti - finché il Tribunale dei minori, allertato dagli psicologi del consultorio frequentati dall’operaio, ha decretato l’affidamento in via esclusiva del piccolo al padre, l’allontanamento dalla casa coniugale della madre e il decadimento della potestà genitoriale per lei. Era fine 2021.
Da quel momento stando all’accusa la donna, che ora alloggia in un dormitorio in città, avrebbe messo in atto un’escalation di condotte pressanti e minacciose, arrivando a spaccare un telefono in testa all’ex. Ieri il Tribunale ha disposto una perizia psichiatrica.