Marcheno, nove minuti per fare sparire Mario Bozzoli. Una app contro il nipote

Imprenditore scompraso l'8 ottobre 2015. Il pm: testimoni e rilievi sui telefoni, ecco la finestra per il delitto

Le ricerche in fonderia a Marcheno

Le ricerche in fonderia a Marcheno

Marcheno (Brescia), 31 ottobre 2020 -  Una manciata di minuti. Un esiguo frammento di tempo. Si giocano lì, a distanza di cinque anni, il mistero della sparizione dell’imprenditore Mario Bozzoli e il destino processuale dell’unico imputato, il nipote Giacomo, che sta affrontando l’udienza preliminare con le accuse di omicidio dello zio e della distruzione del cadavere. E si giocano anche su due elementi: un’app e una testimonianza cambiata.

Marcheno, sera dell’8 ottobre 2015. Sta terminando il turno di lavoro nella fonderia di famiglia che vede Mario comproprietario insieme con il fratello maggiore, Adelio. Sono da poco trascorse le 19. Mario scende dal muletto e si avvia verso gli spogliatoi. Le 19.12. Mario Bozzoli telefona alla moglie, Irene Zubani, che lo attende per uscire insieme a cena: "Faccio una doccia, mi cambio e arrivo". Attraversa il capannone dei rottami. Viene ucciso subito dopo perché rimangono nello spogliatoio gli abiti che dovrebbe indossare. La sua auto è parcheggiata nel cortile, con portafoglio, telefono e una fattura di 47mila euro intestata alla Bozzoli srl a favore dell’azienda concorrente che il fratello e i nipoti Giacomo e Alex progettavano a Bedizzole. Mario è stato escluso: per lui un duro colpo.

Si inseriscono qui due importanti tasselli di accusa. Il primo si chiama iHealth, è una app sul cellulare di Giacomo. L’iPhone, fra le 19 e le 19.18, non registra nulla. Nello stesso lasso di tempo squilla a vuoto per due volte (è la moglie a telefonare). Questa assenza di attività, secondo le analisi dei carabinieri, è legata ad una circostanza precisa: l’assenza di campo. Anche nello spogliatoio non c’è campo. Lì Mario viene ucciso. Dopo le 19.18 l’app iHealth di Giacomo Bozzoli riprende le funzioni.

Un elemento che va a integrarne un secondo, ancora più “pesante”, all’interno del quadro accusatorio: il racconto di uno degli operai presenti in fabbrica che in un secondo tempo modifica la sua testimonianza. Anche qui questione di pochi minuti, ma sono minuti importanti. Le 19.27. Le telecamere inquadrano la Porsche del giovane Bozzoli mentre lascia la fonderia diretta a Soiano, dove abita Giacomo. Trascorrono 7-8 minuti. L’auto riappare e rimane posteggiata su una pesa, vicino al capannone dei rottami. Se Bozzoli fosse stato eliminato fra le 19.12 (telefonata alla moglie) e subito dopo le 19.18 quando riprende l’attività dell’app del nipote, quest’ultimo avrebbe avuto un margine risicatissimo di tempo (meno di 9 minuti) per compiere l’omicidio, occultare il corpo dello zio, raggiungere l’auto e varcare i cancelli della fabbrica. Impresa difficilissima, anche se non impossibile.  All’epoca dei fatti uno degli operai presente nella fonderia, il senegalese Aboagje Akwasi, detto Abu, testimonia di avere visto Mario Bozzoli alle 19.30. E Giacomo Bozzoli viene ripreso mentre si allontana poco prima, alle 19.27.

Allora la testimonianza di Abu scagionerebbe Giacomo, ripreso mentre si allontana dalla fabbrica dove lo zio dovrebbe essere ancora vivo? Ma ecco il colpo di scena. Abu, risentito di recente come persona informatata dei fatti, modifica la ricostruzione e anticipa il suo incontro con Mario di quindicina di minuti, quindi attorno alle 19.15, tre minuti dopo la chiamata dell’imprenditore alla moglie per informarla del rientro. Perché tanta precisione? Perché, dice Abu, ero su un muletto e in quel momento ho guardato l’ora.