Malati di Sla in aumento. Senza sollievo

Privi di una task-force preparata pazienti e caregiver allo sbando .

Cure non solo per malati terminali: le palliative sono utili ad alleviare le sofferenze di chi è affetto da patologie come la Sla, eppure non riesce ad accedervi. A sottolinearlo è Aisla Bergamo, che ha fatto il punto con istituzioni, sanità e associazioni di pazienti sulla presa in carico della Sla. Queste le necessità emerse da malati e famiglie: aiutare i caregiver, aumentare i posti letto nelle Rsa, diffondere una maggiore cultura sulle cure palliative. "La diagnosi di Sla – commenta Marcella Vedovello, neurologa Centro Sla dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII – sono aumentate del 50 per cento dal 2014. Ogni anno curiamo 150 pazienti affetti da questa malattia, con 40 nuove diagnosi".

"I casi continuano ad aumentare – aggiunge Marcella Messina, assessore alle Politiche sociali del Comune di Bergamo – ma i servizi come i posti di sollievo nelle Rsa non seguono lo stesso trend. Dobbiamo chiedere alla Regione di intervenire insieme". Argomento urgente è proprio la scarsa diffusione delle cure palliative nell’assistenza ai malati di Sla, che potrebbero invece migliorare in modo significativo la qualità della vita dei pazienti e delle famiglie. Invece ancora in molti abbinano le cure palliative con il fine vita. In realtà nel contesto della Sla sono completamente diverse: comprenderne l’importanza comporta una maggiore consapevolezza nelle scelte che la malattia impone sia al paziente sia ai suoi cari.

Scelte che diventano più complesse in una patologia finora incurabile e quando ci si trova senza un team sociosanitario integrato presso il domicilio del paziente. Per Vedovello, si tratta di un problema culturale: "Le cure palliative mirano ad alleviare la sofferenza fisica, psicologica ed esistenziale delle persone come previsto dagli articoli 2 e 32 della Costituzione e dalla legge 38/2010". E poi c’è il tema della burocrazia. "Spesso le persone che ci contattano dopo la diagnosi – sottolinea Anna Di Landro, fondatrice e referente di Aisla Bergamo – non sanno da dove cominciare. Sono famiglie che devono elaborare un’informazione devastante senza sentirsi smarrite".

F.P.