FEDERICA PACELLA
Cronaca

I diritti dei nuovi italiani. Si muovono i Comuni: "Cittadinanza naturale per chi è nato qui"

Brescia, consigliera di seconda generazione guida la mobilitazione "La legge del 1992 è vecchia, tante persone vengono discriminate. Crescono e vivono nel nostro Paese ma non hanno gli stessi requisiti".

I diritti dei nuovi italiani. Si muovono i Comuni: "Cittadinanza naturale per chi è nato qui"

I diritti dei nuovi italiani. Si muovono i Comuni: "Cittadinanza naturale per chi è nato qui"

Da giovane studentessa, una delle volte in cui si è sentita diversa è stato ritrovarsi un documento non valido per l’espatrio per andare in gita scolastica, a differenza dei compagni con cittadinanza italiana. Oggi Raisa Labaran, prima donna di seconda generazione a sedere nel consiglio comunale di Brescia, si batte insieme ad altri amministratori ed amministratrici in tutta Italia per far sì che vengano superati i limiti di una legge datata 1992, troppo lontana da una società che è cambiata profondamente negli ultimi 30 anni e che necessita di un aggiornamento, per i milioni di giovani figli di immigrati ma nati e cresciuti in Italia.

"Il punto è portare alla luce il tema della cittadinanza per chi è nato in Italia ma non può averla in modo automatico – spiega Labaran –. La legge del 1992 è vecchia e obsoleta rispetto al tessuto sociale attuale. La novità è che questa richiesta parte ora dagli amministratori e dalle amministratrici locali che quotidianamente si rendono conto della discriminazione sistemica a cui sono sottoposte le persone che nascono, crescono e vivono stabilmente in Italia, ma che non sono cittadine di questo paese alla luce dell’inadeguatezza dell’attuale normativa". Labaran è, infatti, tra i firmatari del manifesto presentato nei giorni scorsi a Roma, nell’ambito della campagna “Dalla parte giusta della storia“, scritto da attivisti, attiviste, sindaci, assessori, consiglieri e consigliere. "Molti sono di seconda generazione – sottolinea Labaran – come nel mio caso, per cui a maggior ragione ci stiamo impegnando per fare in modo che qualcosa cambi".

Oggi, a chi è nato in Italia e vi ha abitato senza interruzioni fino ai 18 anni, la legge riconosce il diritto di diventare cittadino italiano al compimento dei 18 anni presentando una semplice dichiarazione di volontà all’Ufficio di Stato Civile del proprio Comune di residenza. "Non tutti, però, sanno che è necessario fare questa domanda entro il compimento dei 19 anni – spiega Labaran – quindi molti non la presentano subito perché pensano di aver tempo". I Comuni dovrebbero informare i neodiciottenni di questa possibilità, ma non tutti mandano la comunicazione per iscritto. Chi perde questa opportunità deve seguire l’iter ‘normale’ per chi arriva in Italia, presentando redditi, casellario giudiziario, con tempi più lunghi, che durano anche qualche anno. L’appello di amministratori e amministratrici è di attivarsi per mettere in campo, anche sul territorio, tutte le misure possibili per tutelare i diritti delle persone senza cittadinanza, e al contempo a fare pressione sulla politica nazionale per modificare la legge. Lo ius scholae è una strada, ma non l’unica supportata dalla rete “Dalla parte giusta della storia“: accanto a questo, infatti, gli attivisti ritengono politicamente e giuridicamente opportuno prevedere forme di riconoscimento automatiche con la nascita.