
I rilievi degli studiosi su un ghiacciaio
Brescia - Oltre 14 milioni di metri cubi spariscono ogni anno sull’Adamello, pari a 5600 piscine olimpioniche. Numeri impressionanti per il ghiacciaio più esteso d’Italia, che purtroppo non è un’eccezione. Il Servizio glaciologico lombardo, associazione scientifica no profit che fa ricerca e monitoraggio in ambito glaciale alpino, ha documentato le ultime 3 estati del ghiacciaio di Fellaria (Valmalenco, bacino d’accumulo oltre 3.500 metri di quota) in un video in time-lapse, disponibile su pagina Facebook e Youtube. L’analisi evidenzia come in 5 estati la fronte sia arretrata di 330 m e abbia perso 18 m di spessore, pari a un condominio di 6 piani. E poiché i ghiacciai sono ‘sentinelle climatiche’, il cui ritiro proseguirà ancora per alcuni decenni prima che le azioni di oggi riescano a incidere sul clima, lo scenario è allarmante.
«Dal 1850 sulle Alpi abbiamo perso più del 60% della superficie glaciale – sono i numeri ricordati da Matteo Oreggioni operatore glaciologico del SGL – siamo passati da 4500 kmq a 1800. Negli ultimi decenni, i ghiacciai hanno accelerato la loro fusione, si stanno ritirando 6 volte più velocemente dei decenni precedenti. Secondo gli studi, si salveranno solo i ghiacciai sopra i 3800 metri, pochissimi, se non facciamo niente. I cambiamenti climatici sono già qui e li vediamo declinati in eventi estremi. Al di là della retorica sull’intesa ritrovata, dal documento finale del G20 di Roma si notano che i progressi sono davvero piccoli". Bene l’impegno a limitare a 1,5 gradi l’aumento della temperatura, ma preoccupa che la dead-line del 2050 per un mondo a zero emissioni sia stata sostituita da un più generico ‘entro o attorno’ metà secolo.
«Quando ci viene descritto un mondo a +2/3 gradi – ricorda Oreggioni – come ha fatto l’ultimo report dell’Ipcc, definito ‘codice rosso per l’umanità’, non possiamo non pensare che quello può essere lo scenario in cui vivremo noi e i nostri figli: cambiamenti radicali in grado di stressare ulteriormente le nostre già fragili società. In questa atmosfera iniziamo a seguire anche la Cop26. Lo scenario è inquietante, il futuro arriva e il passato non mi fa stare tranquillo, è un inventario di grandi fallimenti: il tempo è scaduto, servono coraggio e concretezza".
I ghiacciai ce lo insegnano, del resto. Sulla stessa linea Carmine Trecroci, professore di economia dell’Università degli Studi di Brescia: "In realtà al G20 non c’è stato nessun accordo né ha prodotto nulla di concreto. Non c’è un termine preciso entro cui ottenere quell’1,5°C, né è stata concordata una traiettoria di riduzione delle emissioni compatibile con questo obiettivo. L’impegno di 100 miliardi di dollari, che sono comunque pochi, per promuovere la transizione ecologica nei Paesi in via di sviluppo continuano ad essere ribaditi nei vertici ma non vengono mai deliberati". Per Matteo Ghidini, Fridays for Future Brescia, "su COP26 le aspettative sono alte, perché alta è l’attenzione mediatica. Ma ce ne sono state altre 25, nulla vieta che sia uguale alle precedenti".