Brescia, uccide due imprenditori a fucilate. La vendetta: "Mi avete rovinato"

In fuga per ore. Braccato dai carabinieri, si toglie la vita

Cosimo Balsamo

Cosimo Balsamo

Flero (Brescia), 5 aprile 2018 - Cosimo Balsamo, 62 anni da compiere l’11 aprile, ieri mattina si è svegliato con un piano: eliminare i «traditori». Gli ex soci in affari, che lo avevano denunciato alle forze dell’ordine o avevano testimoniato contro di lui nel corso dei suoi innumerevoli processi, o che, a differenza sua, non avevano saldato i conti con la giustizia in modo così pesante da incappare in una maxi confisca dei beni.

Così, con in mente una lista di obiettivi da eliminare, Cosimo è uscito dalla sua bella villa di Roncadelle, hinterland bresciano. Ha infilato in una sacca un fucile a pompa e due pistole. Si è allacciato un cintura zeppa di proiettili. Ha salutato per l’ultima volta moglie e figlia, è montato in sella alla bici ed è partito. Sono iniziate così sei ore che hanno lasciato sul campo tre morti: Elio Pelizzari, 78 anni, titolare di un’azienda di commercio di rottami, la PG Metalli di Flero, alle porte di Brescia, freddato con un colpo di fucile alla testa. James Nolli, 61enne ex socio in affari e coimputato nei processi alla «banda dei tir», ammazzato a fucilate nel cortile della sua casa a Carpeneda di Vobarno, a cinquanta chilometri. E il killer stesso, che dopo essere ritornato nella Bassa è stato intercettato dai carabinieri e si è sparato due colpi di pistola alla tempia in un posteggio davanti al supermercato Family di Azzano Mella. «Non si sa chi volesse uccidere ancora, potenzialmente aveva una decina di obiettivi» rivela un investigatore.

Brindisino di Ceglie Messapica, Balsamo si era fatto un nome come professionista della truffa, dei furti, della ricettazione e del riciclaggio. Nel 2009 era stato condannato per associazione a delinquere, perché riconosciuto attivo nella «banda dei tir», l’incubo degli autotrasportatori di metalli e delle aziende in tutto il Nord Italia negli anni 2000. Aveva tentato la carta della revisione del processo, ma senza successo. Nel 2011 aveva lasciato tre cartucce di fucile e nove proiettili di pistola nel cestino della bici del giudice che aveva deciso la confisca di un suo immobile, vicenda sfociata in un patteggiamento. A gennaio 2017 con alcuni suoi ex soci in affari loschi (tra cui James Nolli) eccolo di nuovo in un’inchiesta della Mobile di Brescia, che aveva sgominato una gang dedita a maxi furti d’acciaio, dai cui proventi ricavava ville faraoniche. Il 2018 è l’anno della resa dei conti. Uscito a dicembre dal carcere, dove aveva trascorso circa un ventennio, destinatario di una serie di pignoramenti che l’avevano lasciato sul lastrisco, il sessantenne il 9 gennaio scorso ha iniziato a dar segni di squilibrio. Sale sul tetto del Tribunale per protestare contro le confische dei beni e minacciando il suicidio. Desiste.

Fino a ieri, alle 10,50 davanti alla S.G.A. di Flero, un’azienda che commercializza veicoli industriali. È armato fino ai denti. All’interno ci sono i titolari, Giampietro Strada e lo zio Giampietro Alberti, quest’ultimo coinvolto nei processi alla «banda dei tir». I due non gli aprono, allora lui scavalca la recinzione e piomba all’interno. «Mi avete rovinato», urla. Ma cerca Pelizzari. Obbliga Alberti a convocarlo, chiamandolo al cellulare. «Erano tutti amici di vecchia data. Io continuavo a dirgli lascia perdere, ma non c’è stato niente da fare – racconta Strada –. Mi ha sparato in mezzo alle gambe, non so quanti colpi». Balsamo gambizza anche Alberti, gli porta via la Bmw X5 con cui punta dritto a Carpeneda di Vobarno. Missione: uccidere Nolli, a suo dire beneficiario di un trattamento meno afflittivo ai processi alla «banda dei Tir», senza confische tra i piedi. «È colpa vostra, non dovevate farlo uscire di prigione» urla una delle figlie ai carabinieri mentre mettono i sigilli al piazzale del delitto.