
Felice Maniero
Brescia, 24 ottobre 2019 - Quinta notte in carcere a Bergamo per l’ex boss della Mala del Brenta Felice Maniero, arrestato venerdì nella sua casa vicino a Mompiano in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare per maltrattamenti e lesioni nei confronti della compagna, ora in comunità, e in attesa che il gip decida sulla sua richiesta di ammorbidimento della misura. «Datemi i domiciliari, voglio stare con mia figlia, io vivo per lei» ha ripetuto ‘faccia d’angelo’ al gip, Maria Luisa Mazzola, che lunedì lo ha ascoltato in sede di interrogatorio di garanzia. Assistito dal suo avvocato, Luca Broli Maniero, oggi 65 anni, ha parlato per due ore. Ha spiegato di essere in crisi con la donna che ha accanto dal 1994, ma di non aver mai esercitato violenza. «In certi momenti ci sono state parole forti reciproche, scontri verbali, un paio di schiaffi, ma nulla di più – chiarisce il difensore Broli – Maniero è un uomo cambiato, ben consapevole del suo passato, ma non è un violento».
Il gip di Brescia, Luca Tringali, invece, nell’ordinanza definisce L.M. - la falsa identità assunta dall’ex boss dal 2010 quando è tornato libero dopo anni di carcere e dopo aver collaborato con la giustizia - un individuo ad ‘elevato indice di pericolosità’. Il ritorno dietro le sbarre di ‘Felicetto’, curriculum criminale leggendario e vita costellata da lutti al femminile – le prime due fidanzate morirono in misteriosi incidenti negli anni ‘80, la prima schiantandosi in auto, la seconda (sorella della compagna attuale) volando dalle scale di casa, in più nel 2006 la figlia primogenita si suicidò – è avvenuto in ottemperanza alle recenti norme del ‘codice rosso’, che impongono un trattamento preferenziale per le vittime di violenze domestiche.
La signora Maniero il 21 maggio si era recata in ospedale per mal di testa e malessere e ai medici aveva riferito di una situazione in casa da anni «insostenibile», a base di botte e umiliazioni. Tanto che il 30 luglio aveva ottenuto il trasferimento in una struttura protetta. Ascoltata di recente, al pm Lorena Ghibaudo ha confermato le violenze subite tra l’ottobre 2016 e la fine di luglio 2019. Schiaffi, pugni, insulti, minacce («Sei una cerebrolesa», «Se non torni con le ricevute dei pagamenti ti brucio tutte le borse», «Ti butto via tutti i vestiti»), anche di fronte alla figlia, e punizioni, quale per esempio l’obbligo di fare flessioni.
A scatenare la rabbia, questioni economiche e incombenze di lavoro che il consorte pare delegasse a lei, e che a suo dire rimanevano inevase. Lui pero’ nega. E mentre attende il gip, pensa alla figlia e alla sua incolumità. Teme ritorsioni da parte degli ex complici traditi dalle sue confessioni, e che a breve potrebbero uscire di prigione. E al suo legale sul retro dell’ordinanza ha scritto un messaggio per lei: «La mamma ha ingigantito, raccontando cose che non ho fatto nemmeno da giovane. Torno presto, ma tu studia e vai avanti, solo così mi fai felice. Sei il mio tutto»