PAOLO CITTADINI
Cronaca

Omicidio di via Benacense, nessuno sconto al killer di Bettoni

Confermata in Appello a Brescia la condanna dell’amico a 13 anni e 10 mesi

La casa di via Benacense dove è avvenuto l’omicidio

Brescia, 15 dicembre 2018 - Nessuno sconto al termine del processo di secondo grado per Lamberto Lombrici, il 42enne operaio bresciano reo confesso dell’omicidio di Guido Bettoni, ucciso a coltellate la sera del 28 luglio 2017 nella sua casa di via Benacense, in città. La corte d’Assise d’Appello di Brescia ha accolto la richiesta della procura generale e ha confermato la condanna a 13 anni e 10 mesi emessa alla fine dello scorso marzo, al termine del processo di primo grado celebrato con il rito abbreviato. Respinto l’appello del difensore del 42enne, l’avvocato Giovanni Frattini, che aveva chiesto una revisione della sentenza emessa in primavera dal gup Anna Di Martino, sostenendo l’eccesso colposo della legittima difesa o che all’imputato venisse quantomeno riconosciuta la circostanza attenuante della provocazione.

Per la corte presieduta dal giudice Enrico Fischetti non c’è però stato alcuno spazio per rendere meno pesante la condanna. All’origine della lite che ha portato all’omicidio del 37enne bresciano ci sarebbero stati motivi legati allo spaccio di droga. Bettoni sarebbe stato il pusher a cui Lombrici si rivolgeva per l’acquisto di cocaina. Da cliente, Lombrici sarebbe poi diventato “socio” del 37enne mettendosi anche a lui a vendere lo stupefacente. La sera del 28 luglio di un anno fa Bettoni e l’amico, che da qualche tempo gli faceva anche da autista in seguito a un incidente stradale, erano a casa della vittima. Bettoni avrebbe accusato Lombrici di fare la cresta sulle cessioni di cocaina. I toni, complice l’alcol e la polvere bianca, si sarebbero alzati in fretta e la lite era degenerata.

Lombrici, agli inquirenti che lo avevano arrestato qualche giorno dopo il delitto, aveva raccontato, nel corso di un interrogatorio in carcere, di essersi sentito minacciato: «Guido aveva preso un coltello lungo 25-30 centimetri (l’arma, che Lombrici ha detto di avere gettato in un cassonetto per la raccolta indifferenziata non è mai stata ritrovata). Ci siamo fronteggiati, siamo caduti e lui ha perso il coltello. L’ho afferrato io e ho iniziato a colpire. Ho capito di averlo colpito solo quando ha iniziato a perdere le forze. Ho visto una ferita al collo e una allo stomaco».

Una quindicina le coltellate inferte. «Quando ho capito che non opponeva più resistenza, ho realizzato che Guido era morto e sono entrato nel panico» aveva proseguito Lombrici, che nei mesi scorsi ha fatto recapitare alla famiglia della vittima un messaggio in cui si dice pentito per quello che ha commesso. Il 42enne, dopo avere cercato di ripulire la casa dal sangue, avrebbe caricato nel bagagliaio dell’auto il cadavere e per 24 ore avrebbe vagato per le strade della provincia. Dalla città Lombrici avrebbe raggiunto Moniga, località sul lago di Garda dove sua madre trascorreva le vacanze. Quindi, dopo una breve sosta, si sarebbe rimesso in auto per raggiungere la campagna tra Ghedi e Castenedolo, dove aveva sotterrato il corpo di Bettoni.