Proiettile vagante rese tetraplegico un anziano, il pm: “L’imputato va assolto”

Nel 2018 Giacomo Gazzoli venne centrato dal proiettile e rimase paralizzato. Per l’accusa le prove contro il cacciatore a processo sono insufficienti

Era l’undici novembre 2018 quando Giacomo Gazzoli, all’epoca 71enne, mentre guidava la propria auto a Corteno Golgi, la moglie seduta accanto, venne centrato da un proiettile vagante. Il colpo trapassò la portiera della macchina e il sedile, gli si conficcò nella schiena e gli lesionò il midollo spinale, lasciandolo tetraplegico. Per la vicenda è finito a processo, con il rito abbreviato, un cacciatore 37enne del posto. Ma il giudizio rischia di concludersi con un nulla di fatto: nessuno potrebbe infatti pagare per l’assurda vicenda che stravolse la vita al pensionato e alla sua famiglia. Il pm Claudia Moregola ipotizzava che dietro il dramma vi fosse un tiro a segno organizzato per gioco. Inizialmente aveva messo sotto indagine due fratelli, di casa a pochi passi dal luogo dove fu esploso il colpo. La posizione di uno di loro, il cui alibi fu ritenuto credibile, venne tuttavia archiviata. Solo l’odierno imputato si trovò alla sbarra, accusato di lesioni gravissime e porto illegale di arma – una grossa carabina – in luogo pubblico. Ma il castello accusatorio nel corso del processo si è smontato. E ieri, al termine della requisitoria, la Procura si è trovata a dover chiedere l’assoluzione dell’imputato. Per sostenerne la colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio, infatti, non vi sarebbero prove sufficienti. Una conclusione cui si è opposta la parte civile, favorevole com’è ovvio a una condanna. Stando a una perizia balistica, il colpo fu esploso da un promontorio a una distanza di circa 400 metri. A casa del 37enne furono sequestrati tre fucili di grosso calibro.

Nelle disponibilità dell’imputato, che si è sempre dichiarato innocente, ve ne sarebbe stata anche una quarta mai trovata dagli inquirenti. Il cacciatore ha dichiarato di essersene sbarazzato per non finire nei guai, poichè la deteneva illegalmente. La consulenza difensiva ha però messo in evidenza un punto cruciale, ossia che il foro individuato sulla portiera dell’auto di Gazzoli appare incompatibile con le armi sequestrate, tutte di calibro maggiore. A sparare, dunque, non furono le carabine esaminate dagli investigatori. Se fu l’arma sparita a esplodere il colpo micidiale, non si potrà mai dire. Di qui la richiesta di assoluzione. Si prosegue il 20 giugno con l’arringa difensiva.

Beatrice Raspa