Omicidio Carol Maltesi, gli amici lanciano una raccolta fondi per il figlio

Riconobbero la giovane uccisa dai tattoo sui resti del corpo trovati nel dirupo. E convinsero l’assassino a denunciarne la scomparsa

Carol Maltesi con il suo bambino

Carol Maltesi con il suo bambino

Brescia -​ Quando hanno letto su un giornale l’elenco e la descrizione dei tatuaggi trovati sui resti umani buttati in un dirupo, hanno capito che la vittima era Carol Maltesi e subito si sono anche fatti un’idea precisa di chi potesse essere il suo assassino, tanto che hanno convinto un’amica comune a spingere Davide Fontana ad andare con lei dai carabinieri, per denunciare la scomparsa della 26enne, che proprio lui aveva ucciso e fatto e pezzi.

Ora Juan Caravella e la sua compagna, coppia nella vita e nel lavoro, ex colleghi di Carol, hanno lanciato con l’amico artista Shade una raccolta fondi per il figlio della ragazza, che ha 6 anni e vive nel Veronese, con il padre. Una raccolta condivisa sui social dal padre di Carol, che a sua volta ha chiesto un aiuto economico per il funerale della figlia. Ma Juan ha da raccontare molto più di una raccolta fondi, arrivata a 1.500 euro in poche ore. Il 23enne e la sua compagna, che abitano a Milano, avevano incontrato Carol a settembre per girare un video per adulti insieme.

"Siamo stati i primi a far muovere la macchina delle segnalazioni perché - racconta Juan - appena abbiamo letto dei tatuaggi abbiamo capito che era lei e abbiamo intuito subito chi poteva essere il colpevole. Ci siamo sentiti in dovere di far qualcosa e abbiamo messo la storia sui nostri social, dove siamo molto seguiti, e abbiamo contattato i carabinieri al numero aperto per le segnalazioni". Juan e Ginevra potrebbero anche aver avuto un ruolo nell’arrivare a Fontana, il 43enne bancario che era talmente ossessionato dalla ragazza da affittare un alloggio di fianco al suo e da gestirne i profili social, oltre ad accompagnarla al lavoro. Quel giorno di settembre, infatti, a Milano - ricorda Juan - fu proprio Fontana ad andare a prendere Carol in albergo, una volta finito il video.

"Ci è scattata la lampadina perché lui era sempre attaccato a lei, c’era un rapporto ossessivo da parte sua. E poi - spiega - ci siamo anche chiesti perché una persona che vive di fianco a te e che vedi tutti i giorni non denuncia la tua scomparsa se non ti sente da due mesi". Juan e Ginevra hanno parlato con un’altra ragazza, che conosceva sia Carol sia Fontana, e che ha mostrato al bancario l’articolo dove si parlava dei tatuaggi trovati su quel corpo martoriato ritrovato nel Bresciano. "Lui è scoppiato in lacrime, facendo quello che cade dalle nuvole, e lei - racconta ancora Juan - lo ha convinto ad andare a fare denuncia dai carabinieri", dove lui - che per mesi aveva usato il telefono di lei e gestito i suoi social - è caduto in contraddizione, finendo per confessare.

Ora i due giovani temono che cali l’attenzione sul caso: "Quando i riflettori dei media si spengono - si legge nel loro appello - le vittime collaterali rimangono al buio. Il figlio di Carol, rimasto prematuramente senza la figura materna, oggi ha bisogno di tutti noi e per lui è indirizzata questa raccolta fondi, per il suo futuro, per la sua vita". "Stiamo usando i nostri mezzi per cercare di fare qualcosa di utile per Carol, ci sentiamo molto coinvolti da quello che le è successo e ci domandiamo anche - sottolinea con amarezza il 23enne - perché chi la conosce meglio di noi non dica niente, sembra che la trattino tutti come la peste o, peggio, abbiamo la sensazione che forse qualcuno aveva intuito qualcosa ma non ha detto nulla".