Caffaro, il Tar ordina la ripresa dell’attività

Parzialmente accolto il ricorso della società: il 18 dicembre sarà fatta una verifica su quanto assolto in merito alle prescrizioni

Nel sito produttivo interessato dall’inquinamento lavorano 54 operai

Nel sito produttivo interessato dall’inquinamento lavorano 54 operai

Brescia, 8 novembre 2019 - Nello stabilimento Caffaro di via Milano si può tornare a produrre: il Tar ha accolto parzialmente il ricorso presentato da Caffaro Brescia contro la sospensione dell’Autorizzazione integrata ambientale della Provincia. I giudici hanno riconosciuto che "la prosecuzione del blocco dell’impianto, oltre ad avere un significativo impatto in termini occupazionali e produttivi rischia di recare un grave danno ambientale, atteso che la compromissione dell’equilibrio idraulico portata/pressione dell’acqua assicurato dal funzionamento dell’attività mette a serio rischio la messa in sicurezza in emergenza del SIN; pericolo da ultimo confermato anche dal Comune di Brescia nella Camera di Consiglio del 6 novembre". Sembra proprio questo il motivo principale per cui il Collegio ha deciso per lo stop alla sospensione, almeno fino al 18 dicembre, quando la Camera di consiglio verificherà che la maggior parte delle prescrizioni date all’azienda siano state effettivamente eseguite. Tempi più lunghi, invece, rispetto ai 60 giorni previsti dalla Provincia, per la rimozione e smaltimento dei 200 metri cubi di soluzione di cromo VI nei serbatoi del reparto clorato, di proprietà di Caffaro Chimica gruppo Snia (responsabile dell’inquinamento nel sito di via Milano).

Il Tar ha rilevato "come non si presenti del tutto ragionevole il limitato termine assegnato dalla Provincia per il completamento delle complesse operazioni richieste" ed ha ammesso la possibilità che le operazioni siano effettuate per step programmati, con l’individuazione di un deposito temporaneo. Di certo c’è che possono tirare un sospiro di sollievo i 54 lavoratori che hanno vissuto gli ultimi giorni in angoscia, visto che l’azienda aveva annunciato ai sindacati di voler chiuder i battenti in caso di respingimento del ricorso da parte del Tar. La vicenda era esplosa il 14 ottobre, a seguito delle indagini di Arpa che aveva rivelato esuberi di cromo VI, con tanto di indagine della Procura che, in queste settimane, ha aperto 3 fascicoli. Sulla scorta dei dati Arpa, la Provincia aveva diffidato la società a procedere, entro sessanta giorni, all’eliminazione di alcune presunte inosservanze dell’Aia, sospendendo l’autorizzazione per il reparto clorato, con conseguente blocco di tutta la produzione di clorito (che Caffaro Brescia del Gruppo Todisco distribuisce in tutta Europa).

L’azienda, nel ricorso, ha contestato che i risultati delle indagini di Arpa provino l’esistenza di una sorgente di contaminazione attiva nel processo produttivo, attribuendo le concentrazioni di cromo VI all’inquinamento pregresso. Nel frattempo, ha comunque avviato una serie di attività per eseguire le prescrizioni, come confermato sostanzialmente dalla Provincia. Quanto allo svuotamento e smaltimento dei rifiuti pericolosi, su cui si è aperto un confronto tra le due parti, ora il Tar ha stabilito che Caffaro Brescia debba presentare entro otto giorni una proposta operativa e che il Broletto debba pronunciarsi nei seguenti dieci giorni. "Una sospensione parziale – spiega il consigliere provinciale delegato all’ambiente Guido Galperti – che conferma il buon operato della Provincia e mette in capo all’azienda l’onere di produrre un piano per lo smaltimento del contenuto delle cisterne. Sulla questione tempi, va bene, a noi interessa la tutela dell’ambiente, della salute e del lavoro".