
L'ordigno esploso davanti alla scuola di Polizia di Brescia (Fotolive)
Brescia, 6 gennaio 2016 - Sono le otto di mattina di ieri quando il capo della polizia, il prefetto Alessandro Pansa, viene informato: «È uscita la rivendicazione dell’attentato alla scuola di polizia Polgai». È la notte fra il 17 e il 18 dicembre scorso quando un ordigno rudimentale contenuto in uno zaino esplode all’ingresso usato solo per le cerimonie della caserma di via Veneto. Nessun ferito, solo danni: un’azione dimostrativa. La rivendicazione viene pubblicata - dopo averla ricevuta da mail anonima - dal sito internet informa-azione.info che fa, scrivono, «controinformazione e lotta alla repressione». Si legge: «Abbiamo attaccato uno dei bracci armati dello Stato. In questa ‘scuola’ vengono istruiti sbirri di tutta Italia e di altri Stati». Si firmano CAA, cellula anarchica Acca: una sigla finora sconosciuta. Nel papello digitale, oltre a qualche errore ortografico, si riporta dell’ordigno composto da «8 kg di polvere» e di una «azione simbolica per fare danni materiali» e, per questo, «abbiamo agito a quell’ora» con l’obiettivo di «non fare male a persone indiscriminatamente». La cellula si dichiara affine all’internazionale nera e afferma di aderire a «Dicembre nero», la campagna partita dalle carceri greche per fare, scrivevano i promotori, «da detonatore della ripresa dell’insurrezione anarchica dentro e fuori le prigioni». Una campagna che ha visto gli anarchici portare a termine diversi attacchi soprattutto in Grecia ma anche in Messico, Cile, Brasile, Germania.
Nel documento si esprime solidarietà con i «compagni detenuti. Ad Alfredo (Cospito, ndr) e Nicola (Cai, ndr) per avere sparato ad Adinolfi (ad dell’Ansaldo gambizzato a Genova il 7 maggio del 2012, ndr), A Chiara (anarchica No Tav) per l’attacco al cantiere». E altri ancora. «La bomba alla scuola di polizia di Brescia è, dunque, un «atto come danni materiali nullo, ma è importante nell’armare la nostra autorganizzazione - scrive la Caa - soprattutto adesso che sentiamo una grande rassegnazione fra gli anarchici in Italia». «Li prenderemo. Tutti», questo il commento a caldo del questore di Brescia, Carmine Esposito. Aggiungendo che «la questura è ferita, ma ha gli antidoti per riprendersi». Le indagini avevano subito imboccato la pista anarchica. Un lavoro di intelligence certosino della Digos guidata dal dirigente Giovanni De Stavola. «Stiamo analizzando ogni parola - continua il questore - I contenuti appaiono interessanti a livello investigativo per il concetto che esprimono». Ad aver agito - sono indiscrezioni - potrebbero non essere stati soggetti bresciani, ma personaggi “stranieri” con la complicità di fiancheggiatori locali che si sarebbero occupati di logistica e sopralluoghi.