Brescia, bimbo rapito: "Mamma voglio tornare in Italia da te"

Il piccolo Daniele, strappato nel 2014 dal padre all’ostetrica bresciana, ora si trova in Perù. E la madre non lo vede da anni

un bambino

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Brescia, 26 gennaio 2022 -  «Mamma voglio tornare a casa nostra, insieme a te. Mi mancate tu e l’Italia". Sono queste le ultime parole pronunciate di persona che il piccolo Daniele (nome fittizio), allora di otto anni, si è scambiato con la mamma Alice M. ostetrica bresciana di 39 anni a cui è stato strappato dal padre naturale nel 2014. Il piccolo ora si trova in Perù, vicino a Lima.

Alice da quattro anni non lo vede di persona e, per il momento, non sa quando potrà andare in centro America per riprendere suo figlio, nonostante in Italia l’ex marito sia stato condannato in primo grado, con sentenza appellata, per averlo rapito e nonostante dopo la separazione Daniele le sia stato affidato in via esclusiva. Anche la giustizia peruviana, molto più farraginosa rispetto a quella italiana, per ben due volte ha decretato che il bambino deve stare con la mamma. Ora si attende che la sentenza della Corte di Cassazione di Lima a cui si è rivolto il padre, risalente al 2019. 

Alice, che è assistita per la parte civile dagli avvocati Diego Piali e Silvio Paroli e per quella penale dall’avvocato Marialuisa Mancini, chiede ai Ministeri degli Esteri e della Giustizia e al Presidente della Repubblica che verrà eletto di aiutarla e di prendersi a cuore il suo caso. Ha anche scritto a diversi rappresentanti delle istituzioni europee affinché sia rispettata la convenzione dell’Aja dell’ottobre del 1961. «Purtroppo il mio bambino, dopo otto anni è ancora là – dice Alice – mi sono recata in Perù molte volte, sia per cercare di vederlo sia per la parte legale e processuale, che laggiù è seguita da un avvocato del posto in team con il mio staff legale italiano. Ma è stato un incubo. Il mio ex, tranne che nel 2019, dopo che ha avuto la sua terza figlia, non mi ha mai lasciato vedere il nostro con calma. Ha sempre disatteso quanto disposto dal Tribunale peruviano, che fino al 2018 gli ha solo dato degli avvisi. Nel 2019 gli è stato imposto di lasciarmi vedere Daniele senza interferire e limitare il mio diritto di visita.

Ed è stato allora, una volta libero di stare solo con me, che Daniele mi ha detto di volere tornare a casa in Italia. Ma la legge Peruviana non aiuta, così come non aiutano molte persone comuni del posto". Alice ha vissuto attimi di vero e proprio terrore quando andava a prendere il figlio a casa del suocero, residente in un quartiere dove è particolarmente rispettato. "La gente è arrivata a intervenire mentre cercavo di portare fuori il piccolo, secondo le disposizioni del Tribunale peruviano in base alle mie richieste di visita - ha spiegato Alice - prendendomi a parolacce, urlando e inveendo contro di me, filmandomi con i telefoni e accusandomi di volerlo portare via e soprattutto di essere una cattiva madre. Ho avuto paura, sia per Daniele sia per me". Una situazione, insomma, che apre diversi interrogativi. Come mai la sentenza non viene depositata? Qualcuno non ha convenienza nel fare tornare il piccolo Daniele in Italia? La famiglia paterna è così legata al nipotino da non accettare di farlo tornare dove è nato neppure se disposto dai giudici?

Eppure il padre naturale e il nonno paterno non si interessano del maggiore dei suoi figli, ora 26enne. Il giovane era stato abbandonato dal papà in Perù e poi portato in Italia nel 2007 quando si è sposato con Alice. Nel 2014, quando ha rapito il secondogenito, il primogenito è stato lasciato in Italia con Alice, che continua a curarsi di lui. L’unica certezza è che Daniele vorrebbe stare con la sua mamma, in Italia, e non per ora può.