Beni tolti alle mafie, in Lombardia 48 Comuni non pubblicano l’elenco: ecco cosa accade

Il terzo rapporto di Libera registra un miglioramento. Falcone: disporre di tutti i dati aggiornati non è solo questione di trasparenza, è il primo tassello di restituzione alla società civile

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L’accesso civico migliora la trasparenza dei Comuni, ma in Lombardia restano ancora 48 Comuni che non pubblicano l’elenco dei beni confiscati alle mafie, presenti sul loro territorio. Si tratta del 25% dei 194 Comuni che, a livello regionale, hanno almeno un bene confiscato entro i propri confini. A fare il quadro della trasparenza su dati che sono importanti per favorire il riuso a fini sociali di questi beni (dando un significato importante alla confisca e un segnale forte alla criminalità organizzata) è Libera Associazione contro le mafie, che ha pubblicato la terza edizione di RimanDati, report nazionale promosso in collaborazione con il Gruppo Abele e il Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino e che quest’anno si arricchisce di un contributo di Istat.

Il rapporto verifica quello che, di fatto, è un obbligo: il codice antimafia, infatti, obbliga ogni ente istituzionale a pubblicare l’elenco completo dei beni immobili confiscati trasferiti al proprio patrimonio. Per quanto riguarda la Lombardia, nella prima ricognizione fatta da Libera grazie a oltre 100 volontarie e volontari che hanno partecipato a un percorso di formazione e di confronto finalizzato sui comuni di tutt’Italia, è emerso che erano ben 108 i Comuni inadempienti rispetto all’obbligo di legge sui 194 destinatari di beni immobili confiscati, circa il 45%. Una percentuale al di sotto della media nazionale (54,5%), anche se per valore assoluto (108), la regione si colloca al secondo posto dopo la Sicilia (lì gli inadempienti sono 140).

La ricerca è andata oltre: a chi non pubblica gli elenchi, infatti, è stata inviata una domanda di accesso civico semplice. Questo ha scosso gli enti pubblici. In Lombardia, in 60 hanno risposto, mentre ad oggi restano 48 Comuni che non hanno comunicato i dati neanche a fronte dell’accesso civico. La maggior parte si trovano nelle province di Milano e di Brescia (11 Comuni), seguite da Varese (8). Nell’elenco dei “rimandati” figurano, tra gli altri, il Comune di Brescia (unico tra i capoluoghi di provincia), quello di Torbole Casaglia (che ha ben 34 beni in gestione secondo la relazione dell’Agenzia nazionale). L’elenco completo è comunque consultabile, questo sì, sul sito di Libera.

«In tutti questi anni – spiega Riccardo Christian Falcone settore Beni Confiscati di Libera – si sono moltiplicate a dismisura in tutto il Paese esperienze concrete di riutilizzo, che hanno tracciato una direzione chiara, dalla quale non si può più prescindere. In questo quadro, accanto ai percorsi mirati a garantire il riutilizzo sociale, anche la conoscibilità e la piena fruibilità dei dati, delle notizie e delle informazioni sui patrimoni confiscati finiscono con l’essere elementi di primaria importanza. Avere a disposizione questi dati rimane il primo fondamentale passo per immaginare qualsiasi forma di partecipazione e di protagonismo da parte della società civile e responsabile, nell’ottica della valorizzazione delle esperienze di riutilizzo sociale".