
Proseguono le ricerche anche con l'aiuto dei droni
Serle (Brescia), 25 luglio 2018 - Md Liton Gazi, 48 anni, ha il volto segnato da profonde occhiaie. Ma lo sguardo, stanco, tradisce la forza di un leone. E tra gli psicologi che da giorni lo sostengono si è guadagnato il soprannome di «lion». Ieri questo padre disperato ha diramato un appello: «Mia figlia manca da casa da giovedì. Voglio che tutti sappiano, anche chi non è di queste parti. Vi prego, tenete gli occhi aperti, magari la avvistate».
Voce calma, buon italiano, dignità a illuminare la sofferenza. Padre di quattro figli (l’ultimo ha appena sei mesi), arrivato in Italia dal Bangladesh nel 1995, Md Liton dalle 11 del 19 luglio è acquartierato sull’altipiano Cariadeghe, il Carso bresciano sopra Serle, 30 chilometri da Brescia. È una presenza fissa al campo base dei ricercatori, a quota mille, che da sette giorni setacciano la montagna. Cercano Iushra, la dodicenne affetta da autismo. La figlia primogenita di Gazi. Sfuggita agli educatori della Fopab-Anffas con cui partecipava a un campo estivo quassù. Da allora è svanita nel nulla. Nonostante il parco naturale – 700 ettari costellati da centinaia di grotte e doline – sia stato battuto da un esercito di quasi 300 persone con speleologi da tutta Italia, cani molecolari e da macerie, droni, elicotteri. «Condividiamo con la famiglia di Iushra il dolore e la speranza», fanno sapere da Fopab e Anffas chiedendo silenzio per rispetto. La speranza però è un filo esile, ormai. «Non me ne andrò via senza mia figlia», ripete l’operaio dell’Iveco. La parola «morta» Md Liton non la pronuncia mai. Per pudore, scaramanzia, paura. La prospettiva che la sua piccola «gazzella» pronta alla fuga, gambe e fiato inarrestabili, non ci sia più è insostenibile. Ringrazia i ricercatori («Sono fantastici»). Ma se parla della moglie, che per l’angoscia non tocca cibo da giorni, la bolla in cui è sospeso si squarcia: «È una madre che ha perso una figlia. La capisco. Non voglio salga quassù. A che servirebbe? Meglio pensi agli altri bimbi e stia con loro in città». Il cuore della signora Gazi la scorsa notte ha sussultato. I ricercatori le hanno bussato per mostrarle una canottierina bianca, taglia compatibile con quella di una adolescente, rinvenuta nei boschi del monte Tesio, già in zona Gavardo. Perché i 265 uomini (a volte 285, tra vigili del fuoco, carabinieri, protezione civile, soccorso alpino, coaudiuvati da decine di cacciatori di Serle che conoscono la zona come le loro tasche) hanno scandagliato anche i sentieri che da Cariadeghe scendono ai paesi limitrofi. Sanno a memoria cento zone nel raggio di 10 chilometri e 135 pozzi e grotte, ispezionati più volte perché l’ordine impartito è sempre stato di cercare una persona in movimento. Ma quel pezzo di stoffa scoperto tra i rovi è stato un falso allarme.
«Non è di mia figlia – esclude la madre di Iushra –. Lei ha solo canotte nere». Ieri si è vista tra i monti persino l’unità cinofila olandese Reddingshonden, dodici supercani con sedici conduttori in tuta arancione che si sono offerti di dare una mano. La loro tecnica è fiutare il vento e capire se nei paraggi c’è una persona, viva o morta. Ma i cani hanno bisogno di poca gente attorno. Nei prossimi giorni le squadre di ricerca saranno ridotte. «Punteremo sui cani – annuncia il prefetto Annunziato Vardè al termine dell’ennesimo vertice in Comune –. Le ricerche continueranno, e saranno chirurgiche. Si andrà avanti finché emergeranno novità».