Bagnini e famiglia: tutti alla sbarra

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Il dramma di Ansh, il bimbo di 7 anni annegato il 19 luglio 2020 nella piscina comunale Lamarmora, ieri è tornato davanti al gup Angela Corvi che, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio tutti gli imputati: i genitori, il responsabile dei bagnini, e un bagnino semplice che era in servizio. Il pm Gianluca Grippo e Federica Ceschi li accusano a vario titolo di omicidio colposo e di omesso controllo. Il 19 luglio di un anno e mezzo fa il lido estivo di via Rodi pullulava di famiglie. Ansh, di origine indiana, il giorno seguente avrebbe compiuto 8 anni. Era con la madre, il padre e il fratello di 11 anni.

A un certo punto si allontanò dai familiari, che lo persero di vista. Il bambino, stando all’accusa, senza essere visto si spostò dalla piscina dei piccoli dritto dentro la vasca olimpionica, dove il livello dell’acqua più basso misura comunque un metro e 20. Non sapeva nuotare. "Asfissia meccanica da annegamento", l’esito dell’autopsia. Il consistente quantitativo d’acqua trovato nei polmoni ha fatto presupporre alla Procura un’immersione prolungata, dai 2 ai 4 minuti. Ansh poteva essere salvato, è dunque la conclusione dell’accusa. Gli addetti dell’Europa sporting club, che gestisce l’impianto – altri due bagnini all’epoca minorenni sono al vaglio del Tribunale dei minori – non avrebbero predisposto un servizio di assistenza adeguato, tanto più che tra la piscina dei bambini e quella olimpionica non vi sono barriere. E non avrebbero sorvegliato bene il lato nord della vasca da 50 metri. Idem la madre e il padre di Ansh, che lo avrebbero lasciato circolare senza braccioli né salvagente.

Gli imputati però si difendono: i genitori, che ieri erano in Tribunale, puntano il dito contro i bagnini, che a loro dire avrebbero dovuto garantire maggiore sicurezza. Mentre i bagnini sostengono che la responsabilità principale fosse in capo alla famiglia. Se ne riparlerà il 24 marzo.

B.Ras.