Brescia: addio all’avvocato Frigo, una vita per la giustizia

Considerato il promotore del “giusto processo” con parità fra accusa e difesa, fu presidente dell’Unione nazionale delle camere penali

L'avvocato Giuseppe Frigo

L'avvocato Giuseppe Frigo

Brescia, 9 dicembre 2019 - «I grandi principi giuridici, come tutti gli ideali, camminano con le gambe di pochi uomini», scrivono gli avvocati della Camera penale di Brescia listati a lutto. E tra quei pochi c’era certamente Giuseppe Frigo, giurista e penalista ai massimi livelli morto sabato sera a 84 anni in ospedale a Brescia.

Sposato e padre di due figlie, professore di Diritto processuale penale comparato ed europeo, alla intensa carriera tra le aule dei tribunali e in università ha affiancato quella da giudice della Corte costituzionale. Un incarico ricoperto dal 2008 al 2016 e lasciato proprio per problemi di salute. Le sue arringhe tonanti e chiare, baffoni ottocenteschi sempre in movimento, hanno formato generazioni di avvocati e contribuito a scrivere un pezzo fondamentale della giurisprudenza italiana.  «Giuseppe Frigo è stato l’uomo che ha reso possibile in Italia un processo dove il cittadino può difendere i suoi diritti di fronte allo Stato, sapendo di poterlo fare in condizioni di parità con l’accusa di fronte a un giudice terzo e imparziale», sottolinea il direttivo della Camera penale bresciana. Il riferimento in particolare è al cosiddetto “giusto processo”, con l’introduzione della formazione della prova in contraddittorio tra le parti, una novità cristallizzata nella modifica dell’articolo 111 della Costituzione da lui fortemente voluta quando era presidente dell’Unione delle camere penali (tra il settembre 1998 e il settembre 2002), ente che raggruppa 126 Camere penali sul territorio nazionale. «Furono quelli gli anni della battaglia perché i principi del giusto processo fossero scolpiti nella Costituzione Repubblicana - lo ricorda la giunta dell’Unione - Il nostro Paese deve a lui quella feconda intuizione alla quale un legislatore attento, nella veste di costituente, diede corso. Fu un percorso non semplice e non facile, un confronto tra anime culturali diverse che Giuseppe Frigo seppe condurre con la forza dell’argomentazione in nome dei principi fondanti del sistema accusatorio. Il Parlamento lo elesse Giudice della Corte Costituzionale con larghissima e trasversale maggioranza, così a lui riconoscendo proprio quel ruolo».

E ancora, Frigo ha portato le toghe dei difensori all’apice della rappresentatività. Fin dal 1993 fu chiamato dal ministero di Giustizia per far parte della commissione sulla legge delega del nuovo codice di procedura penale e in seguito partecipò alla commissione ministeriale per gli interventi correttivi del codice, tra il 1989 e il 1992. Fu relatore o correlatore di molti testi normativi riguardanti l’esercizio dell’azione civile nel processo penale, il difensore, le investigazioni difensive, l’udienza preliminare, l’istruzione dibattimentale, il recupero dell’oralità nel dibattimento, sempre all’insegna dell’equilibrato garantismo. Da sempre sostenitore della separazione delle carriere per i magistrati, il suo nome rimane associato anche ad alcune note vicende giudiziarie. Assunse la difesa di Cesare Previti nel procedimento per calunnia ai danni del pm milanese Ilda Boccassini, quella del finanziere Gnutti nel processo per la scalata ad Antonveneta, di Adriano Sofri nel procedimento in Cassazione dopo la richiesta di revisione del processo per l’omicidio del commissario Calabresi, e ancora, rappresentò la famiglia di Giuseppe Soffiantini, imprenditore bresciano vittima di uno dei più lunghi e drammatici sequestri di persona della storia italiana.