FEDERICA PACELLA
Cronaca

Adamello, il ghiacciaio si scioglie in una cascata e forma un nuovo lago

A 2.500 metri la fusione varia da 6 a 10 centimetri ogni giorno e dove servivano i ramponi ora c’è un lago difficile da aggirare: "L’approccio alla zona deve cambiare: è a rischio collasso"

Il lago nel ghiacciaio dell'Adamello

Il lago nel ghiacciaio dell'Adamello

Brescia, 1 agosto 2023 –  Dal rifugio del Mandrone, 2.550 metri d’altezza in val Genova, nel gruppo dell’Adamello, il panorama si apre su pareti di roccia lungo le quali scorrono cascate d’acqua.

Il rumore, da tenue nelle prime ore del mattino, diventa sempre più forte nel corso della giornata, man mano che le temperature si alzano.

"Questo è il suono della fusione del ghiacciaio", commenta Federico, del Cai - sezione di Cedegolo. È uno dei volontari del Club Alpino Italiano che ci accompagna nella quinta edizione di Climbing for Climate, iniziativa nata nel 2019 per volontà dell’allora rettore di UniBs, Maurizio Tira, diventata poi patrimonio della Rus (Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile): una scalata sui ghiacciai del gruppo dell’Adamello per monitorare e verificare la situazione a quattro anni dalla prima edizione.

Il viaggio inizia dagli impianti Paradiso al Passo del Tonale, dove la seggiovia ci porta fino al Passo Presena. Durante la salita, ai nostri occhi si impone lo scenario del teli geotermici, usati per salvaguardare il ghiacciaio e, con esso, la stagione sciistica. Ad impressionare è la differenza che si vede tra la parte coperta, dove i teli garantiscono qualche metro di neve in più, e quelle scoperte, notevolmente ridotte per dimensioni. "Guarda cosa siamo arrivati a fare, uno scempio", commenta sconsolata una coppia di Varese, appassionata frequentatrice di queste cime.

A 3.000 metri, si compatta il gruppo di Climbing for Climate, che, oltre a Rus e UniBs, coinvolge Legambiente, Comitato Glaciologico Italiano e Cai. Per raggiungere il rifugio Mandrone, si percorre il sentiero tracciato da Cai (un’ora e mezzo i più allenati, 2 ore e mezzo i meno avvezzi alla montagna). Da qui, sullo sfondo si vede la nostra meta, il ghiacciaio dell’Adamello/Mandrone. A distanza, si nota già il colore grigiastro della superficie.

"La fusione della neve lascia spazio al black carbon, materiale che si deposita al di sopra. Ma l’effetto più eclatante sono i quasi 2 chilometri di ritiro", spiega Marco Giardino, dell’Università di Torino (rete Rus) e vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano. Man mano che ci avviciniamo alla fronte del ghiacciaio, il rumore delle cascate diventa sempre più forte.

"La cascata è apparentemente bella, ma è un brutto segnale per la conservazione dei ghiacciai come serbatoio di riserva acqua - spiega Angelo Maggiori, presidente Cai Brescia – più la vediamo grande, più vuol dire che il ghiacciaio si sta sciogliendo. Ormai basta l’esperienza decennale per rendersi conto della velocità con cui stanno cambiando le cose, sempre in peggio".

Dopo un’ora e mezzo , arriviamo al cospetto della lingua del Mandrone. Dove cento anni fa ci sarebbe stato un ghiaccio di oltre 100 metri di spessore, oggi ci sono rocce levigate, su cui camminiamo senza particolari problemi, mentre un vento freddo attenua il calore dei raggi del sole. Davanti a noi, si apre la distesa di ghiaccio ingrigito. Le nostre guide ci fanno notare la presenza di diversi calderoni, segno che il ghiacciaio è collassato. Un ponte ferrato permette di attraversare il fiume (per risalire al rifugio dei Caduti dell’Adamello), che esce da quello che è stato ribattezzato il lago nuovissimo, per differenziarlo dal lago nuovo formatosi a inizio secolo. "Una volta era un fiumiciattolo, ora la quantità d’acqua cresce di anno in anno, mentre la fronte continua a collassare. Che brutto", commenta Maggiori. Chi era presente quattro anni fa, ricorda di aver attraversato un tratto di ghiacciaio con i ramponi.

"Oggi nello stesso punto c’è un lago che si riesce ad aggirare solo in certi orari della giornata – spiega Roberto Veronesi, segretario Cai Brescia -. Quindi anche l’approccio al ghiacciaio deve cambiare, perché c’è il rischio di collassi". Fra qualche settimana, si avranno gli esiti delle misurazioni che l’équipe del professor Roberto Ranzi haavviato durante CfC. La stima è che la fusione del ghiaccio, sulla fronte dell’Adamello, a 2.500 metri, sia dell’ordine di 6-10 centimetri al giorno. I dati parlano chiaro, ma ancor più eloquente è il suono del ghiacciaio in estinzione, raccolto (prima volta al mondo) dal sound artist camuno Sergio Maggioni, col supporto scientifico dello stesso Ranzi.

Tornati al rifugio, il ‘respiro’ del ghiacciaio (catturato in 10mila ore di registrazioni, a cui si aggiungeranno quelle di quest’anno) è un canto che colpisce tutti. L’assessore all’Ambiente del Comune di Brescia, Camilla Bianchi (presente alla spedizione) lo ha già portato a Brescia, ma la presidente della Rus, Patrizia Lombardi propone di portarlo anche nelle università della rete, perché, come evidenzia Luca Lussignoli, studente Unibs, sono "dati che, attraverso l’arte, arrivano dritti alla pancia". Per tutti, sono la risposta a chi nega il cambiamento climatico.