GABRIELE MORONI
Cronaca

Yara, Bossetti e Netflix: il dolore dei genitori per il pianto di mamma Maura svelato dalla docuserie. “A tutto c’è un limite”

Frammenti di intercettazioni mai portati in aula come i disperati messaggi lasciati dalla madre sulla segreteria telefonica della ragazzina. I legali: esposto al Garante della Privacy

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti condannato in via definitivo per l'omicidio della adolescente

Yara Gambirasio e Massimo Bossetti condannato in via definitivo per l'omicidio della adolescente

Bergamo, 25 settembre 2024  –  “Amore, sono la mamma, dove sei?”. Questo, straziante, è uno dei tanti messaggi che Maura Panarese, la mamma di Yara Gambirasio, lasciò sulla segreteria telefonica del suo telefonino quando la ragazzina di 13 anni sparì, la sera del 26 novembre 2010. Nei giorni seguenti, il telefono della famiglia Gambirasio venne messo sotto controllo, ma non ne uscì nulla, se non conversazioni strettamente private e i pianti disperati dei genitori. Quegli stessi pianti che sono stati mandati in onda nella docuserie di Netflix “Il caso Yara: oltre ogni ragionevole dubbio”. I legali della famiglia Gambirasio, Enrico Pelillo e Andrea Pezzotta, annunciano al settimanale Giallo un esposto al garante della Privacy per quella che ritengono un’incursione nella vita dei genitori della tredicenne di Brembate di Sopra, senza che ci fosse una reale necessità e senza chiedere alcuna autorizzazione. Le intercettazioni, infatti, non erano agli atti dell’inchiesta perché, secondo i legali della famiglia, inutili ai fini della ricostruzione giudiziaria della vicenda, tanto che non sono mai confluite nei vari processi.

“Forse - dice Enrico Pelillo - è anche il caso di mettere uno stop. Quello che è accaduto è troppo invasivo, rientra nella sfera del privatissimo e giustifica il ricorso al garante della Privacy. Si tratta di tutta una serie di file audio, intercettazioni effettuate quando si era ancora nella fase delle indagini preliminari, non utilizzate nel fascicolo processuale e che quindi non sono entrate in nessuno dei tre gradi di giudizio. Sono documenti che non presentano nessun interesse legato alla loro divulgazione. Ci sono i messaggi lasciati dalla madre sulle segreteria del telefonino della figlia. Ci sono le conversazioni di papà Fulvio con conoscenti. Ci sono i momenti di pianto, di commozione, di sconforto di questi due genitori, che all’inizio sperano di rivedere la figlia scomparsa e che con con il trascorrere del tempo si rendono sempre più conto che questo non avverrà. Tutti momenti che rientrano nella sfera di quanto c’è di più privato. I genitori di Yara vanno tutelati, così come vanno tutelati i suoi fratelli, tutti ragazzi che sono ormai grandi».

La docuserie, prodotta da Quarantadue, era andata in onda lo scorso luglio e non aveva mancato di suscitare commenti e polemiche. Massimo Bossetti, l’artigiano edile di Mapello che sconta una condanna definitiva all’ergastolo per l’omicidio della piccola Gambirasio, era apparso a più riprese. Dal carcere di Bollate chiedeva soprattutto, come fa, invano, da anni, la ripetizione dell’esame scientifico che lo ha inchiodato, consegnandolo al carcere a vita: il suo codice genetico, chiaro, inequivocabile, accusatore, rimasto impresso sugli indumenti di Yara.