Yara, Bossetti e le assenze dal cantiere: "Ero dal medico". Ma non risulta

Spunta un video: l’indagato ripreso nei posti frequentati da Yara. I colleghi confermano gli episodi di emorragie di sangue dal naso di Bossetti, ma anche il soprannome di "caciabale" di Gabriele Moroni

Massimo Giuseppe Bossetti

Massimo Giuseppe Bossetti

Bergamo, 10 luglio 2014 - Nessun infortunio sul lavoro che si ricordi. Nessun furto o movimento anomalo nel cantiere di Palazzago dove si andava costruendo quel grappolo di villette. Conferme, invece, sulle epistassi, le perdite di sangue dal naso a cui Massimo Giuseppe Bossetti andava soggetto. I suoi compagni di lavoro, in un cantiere di villette a Palazzago, sono già stati ascoltati dai carabinieri e hanno riferito tutto questo. È però scontato che vengano risentiti. A evocare il cantiere e a chiamare gli ex colleghi a sostegno delle proprie dichiarazioni, è stato Bossetti nell’interrogatorio di martedì davanti al pm Letizia Ruggeri. Il muratore arrestato ha avanzato la sua spiegazione alternativa alla circostanza, per lui terribile, che il suo Dna si sia depositato sugli indumenti di Yara Gambirasio. In tre ore, ha parlato del disturbo di cui soffre e adombrato anche la possibilità di essersi ferito sul lavoro. Il sangue potrebbe avere macchiato uno degli attrezzi che gli vennero rubati, poi usato dal vero assassino della ginnasta tredicenne di Brembate Sopra. Ha ricordato così il furto (denunciato però solo due anni fa ai carabinieri di Ponte San Pietro) che subì quando dal suo furgone Iveco Daily, parcheggiato davanti all’abitazione alla Piana di Mapello, sparirono una livella elettronica, una bindella, due scalpelli di cui uno a punta acuminata, cazzuole, un distanziatore. Bossetti lavorò nel cantiere, alla frazione Burligo di Palazzago, da fine estate 2009 all’agosto 2011. Committente uno studio di architetti di Bonate Sotto. Bossetti era alle dipendenze del cognato Osvaldo Mazzoleni, a sua volta in società con Massimo Maggioni, artigiano edile di Brembate. In cantiere s’imbattè anche in Fulvio Gambirasio, il padre di Yara, geometra, che girava per i cantieri a prendere le misure per le guaine d’isolamento. Nel novembre 2010, quando Yara scomparve, Bossetti lavorava dunque nel cantiere di Palazzago. Nel primo giro di interrogatori gli operai hanno descritto alcune stranezze del loro compagno di lavoro. «A volte — ha dichiarato uno — si assentava dal cantiere». In una circostanza avrebbe motivato l’assenza con un controllo sanitario. Ma al medico, sentito dagli investigatori, non risultava alcuna visita. Dove andava Bossetti, è la domanda, quando si allontanava dal lavoro? Altri colleghi hanno ricordato il soprannome di «caciabale» o qualcosa di simile, appioppato al carpentiere arrestato per la sua nomea di chi le sparava grosse. Rimane senza conferme l’indiscrezione che una telecamera di Brembate avrebbe ripreso, frame dopo frame, un passaggio insistente di Massimo Bossetti nei luoghi frequentati da Yara. Verrà definito oggi a Parma il calendario dei test diagnostici che il Ris effettuerà sui reperti prelevati sul furgone cassonato e la Volvo V40 di Bossetti.