
Ci sono ricascati. Proprio come nel 2018 quando, durante un controllo della Polstrada di Udine in anonimi station wagon vennero trovati stipati oltre una sessantina di cuccioli di cane di varie razze provenienti dall’Ungheria e Slovacchia, dove ci sono interi paesi dediti all’allevamento di cuccioli, che poi sarebbero stati venduti.
Allora, in una intercettazione venne captata questa frase: "Il cane deve morire in mano al bambino, così ne vorrà un altro". Un traffico monitorato per tre mesi, ma che si sospetta durasse da anni. Secondo gli inquirenti, quei cani sequestrati venivano portati agli allevamenti a Trescore Balneario dove si trova anche l’azienda agricola finita nel mirino degli inquirenti. All’epoca gli autori erano stati denunciati per associazione per delinquere, truffa, maltrattamento e traffico internazionale illecito di animali. La storia si è ripetuta ma questa volta con gli arresti eseguiti ieri mattina dalla Polstrada di Bergamo. Un interno nucleo famigliare: in carcere C.V., 64 anni, e ai domiciliari, la moglie M.G. 59 anni, la loro figlia, G.V. di 31 anni, e il fidanzato, L.C. di 33 anni.
A loro viene contestata l’associazione per delinquere, la truffa e frode nel commercio per quanto riguarda la compravendita di cuccioli. Indagine coordinata dal pm Silvia Marchina. Sequestrato anche l’allevamento, e 57 cuccioli sono stati affidati alle cure dei veterinari dell’Ats di Bergamo. Gli agenti nel corso dell’indagine hanno raccolto più di 60 querele di famiglie a cui era stato consegnato un cane malato o addirittura moriva dopo pochi giorni. In moltissimi casi, adducendo scuse disparate, non venivano consegnati i libretti vaccinali o venivano consegnati libretti con tagliandi privi della firma del veterinario. Il pagamento avveniva mediante contante senza fattura. Tutto è nato da un controllo nel 2020. Indagine su un doppio binario: da un lato ci sono cuccioli che venivano acquistati da conoscenti, altri invece nati da fattrici di proprietà dell’azienda agricola che venivano venduti come cani di razza e forniti di libretti sanitari "auto compilati" e a dire degli indagati in regola con i microchip e le vaccinazioni. Il secondo filone dell’indagine, riguarda cani di razza che, secondo quanto accertato dagli uomini della Polizia giudiziaria, partivano dall’Ungheria per essere poi rivenduti come cani nati nell’azienda bergamasca. Ogni cucciolo veniva pagato una cifra irrisoria per poi essere rivenduto fra i 1.500 euro e i 4.500 euro a seconda della razza.F.D.