Svolta nell’omicidio del gioielliere Mortilli, dopo 26 anni trovato il terzo uomo: ecco come

Padenghe del Garda, ne è convinta la Procura che avrebbe identificato l’ultimo dei banditi grazie al profilo genetico

L'ingresso dell'hotel e i carabinieri

L'ingresso dell'hotel e i carabinieri

Era la sera del 21 maggio 1997. Carlo Mortilli, rappresentante di orologi di lusso, fu freddato da un colpo di pistola durante una rapina degenerata nel parcheggio dell’hotel West Garda di Padenghe del Garda. Sulla scena del delitto c’erano tre malviventi, ma solo due furono identificati, arrestati e condannati.

All’appello mancava un terzo uomo, che dopo 26 anni avrebbe un nome e cognome: Alessandro Galletta, cinquantenne originario di Messina, di casa nel Bresciano. La procura gli ha notificato un provvedimento di conclusione indagini per l’omicidio e la rapina del gioielliere. Un cold case riaperto, per l’appunto, grazie alla prova del Dna rintracciato sui reperti raccolti all’epoca, ma che in precedenza non era stato abbinato a un volto con ragionevole certezza. Quella sera di maggio Mortilli fu attirato in trappola da finti clienti che credeva interessati a un affare, invece erano rapinatori pronti a scappare con la sua valigetta carica di orologi.

Alla ferma e inattesa reazione del gioielliere, però, uno dei banditi premette il grilletto, sparandogli a bruciapelo. Per la giustizia a uccidere fu Marcello Domenico Fortugno, condannato per l’omicidio e la rapina a 17 anni e otto mesi. Il secondo uomo era Fabio Consolato, colui che avrebbe teso la trappola, ritenuto colpevole solo di rapina: rimediò una condanna a quattro anni. Entrambi erano stati assolti in primo grado ma la Corte d’assise d’appello ribaltò il verdetto, confermato in Cassazione.

Ora il ritorno in auge della figura di Galletta, pluripregiudicato, in un primo tempo finito nel registro degli indagati ma poi archiviato per mancanza di riscontri certi. Su alcuni reperti sequestrati all’epoca - passamontagna e guanti abbandonati sulla scena del delitto - era stato isolato un Dna. Il profilo genetico del cinquantenne, raccolto dalla penitenziaria in occasione di un suo ingresso in carcere, è stato inserito nella banca dati nazionale (attiva del 2016) e si è scoperto che combacia con quello isolato sugli oggetti sequestrati nel 1997, già analizzato dal Ris di Parma. Il sospettato ha tre settimane per decidere se farsi sentire dal magistrato o depositare materiale difensivo. Poi la Procura potrà chiedere il processo.