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Simone Moro è tornato in Italia: "Ero sicuro che saremmo arrivati in cima al Nanga Parbat"

L'alpinista bergamasco è arrivato a Malpensa, accolto da amici e parenti: "Questo per me è come quando vinci 4 campionati di fila" FOTO - L'arrivo a Malpensa

Nella foto: Simone Moro e Tamara Lunger a Malpensa (La Presse)

Bergamo, 4 marzo 2016 -  "Ero sicuro che saremmo arrivati in cima, lo sapevo. Non sono mai andato così bene, così forte come quest'anno". Parola di Simone Moro. L'alpinista bergamasco è arrivato oggi all'aeroporto di Milano Malpensa. Ad accoglierlo, carichi di gioia ed entusiasmo, parenti e amici venuti per festeggiare il rientro a casa (FOTO). Moro, con la prima in invernale del Nanga Parbat, è entrato di diritto nella storia dell'alpinismo. Il bergamasco è il primo alpinista ad aver scalato 4 Ottomila durante la stagione invernale, un primato assoluto. "Campo base è armonia ed è quella che ci ha permesso di arrivare in cima - ha proseguito l'alpinista - Ottomila è la differenza. Ho scalato vari Settemila, sono duri ma umani. Gli Ottomila fanno la differenza e il Nanga Parbat è l'ottomila che fa la differenza"

Il Nanga Parbat mi ha dato "tanta soddisfazione. E' stata un'esperienza molto intensa e molto forte, molto più dura del Manaslu l'anno scorso" ha sottolineato inveceTamara Lunger di ritorno dal Nanga Parbat. L'alpinista per pochissimo non ha conquistato la vetta dell'Ottomila, la prima in invernale, assieme a Moro, allo spagnolo Alex Txikon e al pachistano Ali Sadpara, che sono invece arrivati fino in vetta. "All'inizio al campo base è già stata molto dura. Da quando abbiamo deciso di partire in 4 per la vetta, con Alex e Ali, tutto si è trasformato in una cosa bellissima, piena di energia e del pensiero del team". "Il Nanga Parbat - ha sottolineato Moro - è un gigante mentre Tamara è sorriso e saggezza. Ha rinunciato per 70 metri e un traguardo epocale solo per non chiederci aiuto in discesa, e non l'ha fatto per orgoglio: lo ha fatto perché eravamo alla frutta pure noi e sapeva che ci avrebbe messi in difficoltà".

"Non so da quanto la montagna non riusciva a far parlare di sé - ha aggiunto il bergamasco, sorridente ed emozionato -. Non è questione di chi, qui è la montagna. Avendo avuto la fortuna, e la sfortuna, di essere venuto dopo tre grandi come Cassin, Bonatti e Messner, riuscire a fare qualcosa che riuscisse ancora ad appagare i palati saturi degli appassionati, era dura. Le scalate invernali sono state una bella idea e una bella sfida per me. Ho fallito tante volte ma questo per me è come quando vinci 4 campionati di fila. Con il Nanga Parbat sono inchiodati al muro i successi. Non ho usato ossigeno, sono andato su a febbraio, non ho usato neppure le solette riscaldate".