Bottanuco è ancora sotto shock. Oggi il piccolo comune della Bergamasca ha celebrato i funerali di Sharon Verzeni, accoltellata a Terni d'Isola nella notte tra lunedì 29 e martedì 30 luglio. La 33enne era nata e cresciuta proprio a nella piccola cittadina in provincia di Bergamo, tanto che oggi, sabato 3 agosto, a Bottanucco è giornata di lutto con negozi chiusi e bandiere a mezz'asta.
Dopo la funzione nel comune regnava un irreale silenzio, rotto soltanto dalle parole dei cittadini che, alla spicciolata, abbandonavano la chiesa dove si sono tenuti i funerali. Tra loro c’è anche il papà del compagno di Sharon, Sergio Ruocco, che ha aggiornato i cronisti sulla situazione di suo figlio: “Erano già sposati in comune. Era da tanto che chiedevo un erede, credo ci stessero pensando". Poi Ruocco entra nel dettaglio delle domande poste al figlio dalla polizia sul caso: “Non dice niente. Lo hanno interrogato e lo interrogheranno ancora. Ma reagisce bene”. Di quella notte afferma che Sergio (il figlio) "ha visto che Sharon era in ritardo, non rientrava. Poi sono arrivati i carabinieri e lo hanno buttato giù dal letto. Speriamo che prendano il responsabile" ha poi concluso.
Il punto sulle indagini
Nel frattempo gli inquirenti continuano a indagare sul delitto, cercando di individuare quali piste seguire: tra queste si inserisce l’ipotesi di uno stalker, una persona che forse si era invaghita di Sharon senza essere ricambiata. Il tipo di aggressione fa pensare a qualcuno che volesse colpire proprio lei, che conoscesse le sue abitudini tanto da sapere che dopo cena Sharon usciva per una passeggiata serale. Conosceva anche il tragitto, che prevedeva un passaggio da via Castegnate dove è avvenuta l’aggressione.
La logica farebbe supporre che la vittima sia stata colta di sorpresa, da dietro le spalle. E così si potrebbe spiegare perché dall’autopsia non sono emersi segni di difesa: non ci sono infatti tagli sulle braccia. L’assassino l’ha colpita tre volte alla schiena (due i fendenti profondi mortali), e una sola volta frontalmente. Ma questa ipotesi non ne può escludere un’altra, ovvero che la vittima potesse conoscere l’assassino e non si è difesa perché non poteva immaginare una reazione così violenta, una precisa volontà di uccidere.