Bottanuco (BERGAMO) – “Sono in attesa. Aspetto risposte in tempi brevi. Ho grande fiducia nel lavoro degli inquirenti”. Nella villetta di Bottanuco Maria Teresa Previtali, la madre di Sharon Verzeni, è chiusa nel dolore. Il silenzio è la sua difesa. Sono le parole che racchiudono il suo stato d’animo così come è stato raccolto da chi le è vicino e da chi ha potuto avvicinarla.
La stessa disposizione del marito Bruno, dei fratelli di Sharon (Melody, 35 anni, sposata e mamma di una bambina di 3 anni, e Cristopher, 23 anni, che vive con i genitori), di nonna Gesuina, di Sergio Ruocco, il compagno di Sharon, che divideva con lei un appartamento a Terno d’Isola e un progetto di vita. Una madre straziata dal dolore e un’altra madre che lo vive da anni e chiede ancora la verità sulla fine della figlia. Silva Arvati è la madre di Daniela Roveri, la manager uccisa senza che sia mai stato trovato il suo assassino, nonostante gli infiniti sforzi per identificarlo.
Signora Arvati, chi era Daniela?
“Una brava ragazza. Seria e sana. Una ragazza semplice, che non amava apparire. Aveva due lauree. Amava il lavoro. Tutti gli anni, il 20 dicembre, per l’anniversario, vengono a trovarmi i dirigenti della sua azienda”.
Sta seguendo il caso di Sharon Verzeni?
“Lo seguo. Ho 80 anni, quasi 81, mi muovo poco, sto in casa e guardo la televisione. L’altro giorno hanno parlato ancora di Daniela. Sono cose che non auguro a nessuno. Penso a quella povera mamma che dovrà passare tutto quello che sto passando io, tutto quello che sto vivendo”.
In cosa sente vicino il caso di Sharon al suo dramma di madre?
“Le vittime erano donne giovani, brave. Mia figlia ha fatto e dato tanto bene. Mi chiedo dove è andato a finire tutto questo bene”.
Cosa vorrebbe dire ai genitori di Sharon Verzeni?
“So che sono una mamma e un papà molti uniti. La madre di Sharon ha un marito accanto a sé, io ho perso il mio in un incidente stradale. Sono andata a lavorare. Mia figlia l’ho allevata io. Ai genitori di Sharon dico che stiano sempre vicini per sopportare questo calvario. Perché è un calvario. Io lo sopporto da più di sette anni. Un figlio è un figlio”.
La misteriosa morte di Daniela
Oltre sette anni di mistero. Sono da poco trascorse le nove di sera del 20 dicembre 2016. Daniela Roveri muore nell’androne del palazzo dove abita con la madre, al numero 11 di via Keplero a Colognola, zona residenziale di Bergamo. Quarantotto anni portati con sobria eleganza, tranquilla, riservata, Daniela è dirigente della Incra Italia di San Paolo d’Argon, un’azienda di prodotti di ceramica. Parcheggia l’automobile nel posteggio a pochi metri dal condomino. È in agguato qualcuno animato da una fredda volontà di uccidere. Colpisce con precisione chirurgica. Un solo fendente, profondo, alla gola della donna, aggredita alle spalle e immobilizzata. Senza rumore. Senza un testimone. Senza che le telecamere fissino una sola immagine dell’aggressione. Attorno al corpo della donna tante ipotesi che portano ad altrettanti binari morti. Due anni di proroga delle indagini. Cinquecento persone ascoltate. Nessun nome annotato nel registro degli indagati. Nel dicembre del 2019 cala il sipario sulle indagini, almeno dal punto di vista formale. Il pm di Bergamo, Fabrizio Gaverini, chiede e ottiene l’archiviazione dell’inchiesta. Su una guancia di Daniela è rimasto il Dna del suo assassino.
Scaturisce l’ipotesi di un collegamento tra l’enigma di Colognola e un altro omicidio compiuto in terra orobica. L’aplotipo Y (che indica la linea maschile) è lo stesso del Dna impresso su un guanto di lattice rinvenuto dentro una busta della spesa insieme con il cutter che ha reciso la gola di Gianna Del Gaudio. È l’insegnante di Lettere in pensione uccisa la notte tra il 26 e il 27 agosto del 2016, nella sua villetta di Seriate.
Un intreccio tra i due delitti, avvenuti a pochi mesi e a meno di sette chilometri di distanza, potrebbe evocare l’ombra di un assassino seriale che sgozza le sue vittime e si aggira per la Bergamasca a seminare il terrore. Si indaga a fondo. Le tracce biologiche vengono definite solo “blandamente compatibili”.