MICHELE ANDREUCCI
Cronaca

Scanzorosciate, sparò sei colpi all’ex moglie: condannato a 16 anni

Il 27 settembre scorso Salvatore D’Apolito si appostò sotto casa di Flora Agazzi e le scaricò la pistola addosso

Salvatore D'Apolito

Scanzorosciate (Bergamo), 4 luglio 2019 - Sedici anni di reclusione per tentato omicidio, aggravato dalla premeditazione, e ricettazione di arma. Si è chiuso così, davanti al giudice dell’udienza preliminare del tribunale di Bergamo Vito Di Vita, il processo contro Salvatore D’Apolito, il 51enne di origine foggiana che il 27 settembre 2018, in località Negrone di Scanzorosciate, sparò sei colpi di pistola contro l’ex moglie, Flora Agazzi, 54 anni, che aveva deciso di lasciarlo. Il gup ha anche condannato l’uomo, difeso dall’avvocato Stefano Sorrentino, al pagamento, come risarcimento del danno subìto, di 100mila euro a favore dell’ex consorte, parte civile al dibattimento con l’avvocato Marta Vavassori. L’imputato è stato giudicato con l’abbreviato e in questo modo ha potuto beneficiare dello sconto di un terzo sulla pena finale, come prevede il rito alternativo.

Subito dopo aver cercato di uccidere l’ex moglie, l’uomo era fuggito, non facendo rientro nella sua abitazione di Villasanta, in provincia di Monza Brianza. Nessuno lo aveva più visto dopo la fuga, in sella a una Vespa 50 special colore bianco, dalla villetta dove aveva atteso Flora Agazzi, con la quale non viveva più dal gennaio del 2017. D’Apolito si era costituito una decina di giorni dopo ai carabinieri, ai quali aveva spiegato la dinamica degli eventi.

Dopo aver nascosto il suo camper a Lesmo (Monza Brianza), era salito sulla Vespa, aveva raggiunto Scanzorosciate e aveva sparato all’ex moglie con una pistola di fabbricazione spagnola degli anni ‘40 rinvenuta sotto il sedile di un vecchio taxi inglese che aveva ritirato cinque anni prima. Quindi era ritornato a Lesmo, dove aveva dipinto la Vespa di blu per riutilizzarla in futuro. L’intenzione era di rimanere nascosto per settimane. Poi si era affidato all’avvocato Stefano Sorrentino e aveva deciso di consegnarsi alle forze dell’ordine. "Ero stanco della latitanza – aveva spiegato – e dispiaciuto per quello che avevo fatto. Non volevo uccidere (il gup di Bergamo, però, ha riconosciuto la premeditazione, ndr)".