Romina Vento uccisa nell’Adda, Carlo Fumagalli: "Come ho potuto farle del male?"

Bergamo, l’auto spinta nel fiume. Il compagno: non ho il coraggio di vedere i miei figli

Carlo Fumagalli e Romina Vento

Carlo Fumagalli e Romina Vento

Bergamo, 11 marz0 2023 -  "Come posso aver fatto male alla persona che mi manca di più?". L’imputato lo ripete più volte durante le sue dichiarazioni spontanee. Prima di dargli la parola, il presidente della Corte d’Assise, Giovanni Petillo (a latere il collega Guadagnino) ha letto le motivazioni con cui è stata respinta l’eccezione presentata dai difensori di Carlo Fumagalli. Anche per la corte sussiste l’aggravante del rapporto di convivenza, che la difesa chiedeva di non considerare. Si allunga lo spettro dell’ergastolo. Carlo Fumagalli si accomoda in mezzo ai suoi avvocati. Il presidente lo precede: "Si prenda tutto il tempo che vuole. Non si preoccupi, noi siamo qui ad ascoltarla". Tocca a lui. Cala il silenzio nell’aula di tribunale. Carlo Fumagalli, 49 anni, operaio di Vaprio, è accusato di avere ucciso, annegandola nel fiume Adda, la compagna Romina Vento, 44 anni, madre dei suoi due figli minori (17 e 13 anni, che sono parti civili). E poi c’è il maggiore, avuto da una precedente relazione, che segue il processo. L’omicidio a Fara Gera d’Adda la sera del 19 aprile 2022.

Fumagalli parla a braccio. "Non riesco ancora a credere a quello che ho fatto, anche perché in trent’anni insieme non abbiamo mai litigato, mai alzato la voce, non ho mai avuto atteggiamenti violenti nei confronti di Romina, nemmeno a livello verbale". Non entra nei dettagli di quella sera limitandosi a dire "è stata caotica". Fumagalli, voce strozzata dal pianto, si mostra in preda al rimorso per aver tolto la vita alla compagna, per aver privato della madre i loro due figli. "Io e Romina eravamo insieme dal 1997, abbiamo cercato di costruirci una vita stabile, di crescere i nostri figli in modo adeguato. Ma mi sono accorto che negli ultimi anni davo tutto per scontato. Già dall’estate mi ero accorto che c’era qualcosa di diverso, che i suoi sentimenti nei miei confronti erano cambiati. Così ho cercato di rimediare, ma più io mi avvicinavo più lei si allontanava. Sono caduto in depressione, mi sono rivolto ad uno psicologo (ad alcune sedute sono andati assieme con la compagna, ndr) io volevo recuperare il rapporto a tutti i costi, ma la passione non c’era più. E io ho avuto un crollo, mi sono annullato completamente. Certo, ora vedo le mille strade che si potevano percorrere, anche da separati. Potevamo essere più complici, più felici, anche se non stavamo più insieme".

E continua: "Nell’ultimo mese, speravo in un miracolo, che cambiasse idea. Ho interrotto la terapia (si era rivolto anche a uno psichiatra, ndr) per dimostrarle che affrontavo le cose da uomo, e ovviamente è stato peggio. La vedevo come la mia unica speranza. Volevo stare sempre con lei. La assillavo, creavo un ambiente malsano, lei si sentiva soffocata". Si prende le colpe di tutto: "Non sono stato attento ai bisogni di Romina. Negli ultimi anni ho dato tutto per scontato: il lavoro, i figli. Fossi stato più attento alle sue esigenze, non l’avrei persa". Parlando dei figli ammette: "Ho paura ad affrontarli. Accetterò tutto, qualsiasi cosa che mi diranno, perché gli ho tolto la mamma. In carcere passo le giornate in branda o davanti alla televisione. Non vivo più". Prossima udienza il 12 maggio, con le conclusioni.