MICHELE ANDREUCCI
Cronaca

Rinasce la basilica di Santa Giulia

Bonate Sotto, al via i lavori dopo il successo al censimento del Fai: entro febbraio il gioiello tornerà a splendere

di Michele Andreucci

È sempre più vicina la rinascita di uno dei luoghi più ricchi di fascino e mistero del territorio bergamasco e uno dei più significativi siti del Romanico in Lombardia. Tornerà al suo antico splendore la basilica di Santa Giulia a Bonate Sotto che, dimenticata fino al 2018, è stata riscoperta grazie alla nona edizione de “I Luoghi del Cuore”, promossa dal Fai.

Da quel momento, infatti, è scattata la corsa che ha consentito di trovare i fondi per l’intervento di restauro: i lavori sono partiti da alcuni giorni e dovrebbero concludersi entro febbraio. L’obiettivo è il recupero e il riutilizzo della basilica per attività culturali. Un traguardo reso possibile dalla partecipazione dei cittadini di Bonate Sotto e dalla comunità bergamasca, che hanno votato in massa al censimento del Fai: 1.191 voti raccolti nel 2018, secondo luogo del cuore classificato in Lombardia. Il risultato ha portato il Fai a selezionare l’anno dopo la basilica tra i 27 luoghi da recuperare. Il Fai ha stanziato un contributo di 30mila euro all’avvio del progetto di restauro, cui si aggiungono i 140mila euro dei 350mila assegnati al Comune dalla Regione. Sottolinea soddisfatto il sindaco Carlo Previtali: "Solo pochi anni fa l’installazione del cantiere era un sogno. Grazie a tutti i volontari che hanno permesso di riscoprire una bellezza immersa nei campi". I restauri partiranno dalle coperture del tetto e dal restyling conservativo dei paramenti lapidei esterni e interni del corpo alto della basilica, che rappresenta la fase più delicata. Verrà ridisegnato anche l’ingresso Nord, con la realizzazione di nuove soglie in pietra e una nuova cancellata, che riprenderà il tema dell’intreccio presente nelle decorazioni dei capitelli romanici.

La maestosa basilica di Santa Giulia venne fondata nel XII secolo ed è oggi l’ultima memoria dell’antico abitato, risalente al Neolitico, citato dalle fonti come Castrum Lisina, raso al suolo intorno al 1200.

L’edificio venne lasciato nell’abbandono per molti secoli, fino ad essere trasformato nell’Ottocento in area cimiteriale.

Ciò che oggi rimane evoca non solo la grandiosa architettura della struttura, ma anche l’eleganza decorativa, con i suoi contrafforti, la decorazione esterna delle absidi e la copertura in lastre di ardesia, tipicamente romanica.