
Le poste
Treviglio, 15 febbraio 2016 - Una sentenza della Cassazione chiude dopo quasi 9 anni la vicenda del controllo a distanza esercitato da Poste Italiane sui propri lavoratori dell'ufficio postale di Treviglio. Nel 2007 l’azienda aveva deciso l’introduzione di un nuovo sistema informatico di gestione dello sportello per la clientela e fra i diversi uffici postali designati a adottare quest’innovazione aveva scelto anche quello di Treviglio.
“La nuova modalità di avvicendamento dei clienti veniva regolata con uno scatto automatico (dunque non azionato dal lavoratore) del numero assegnato al cliente in coda allo scadere dell'operazione di sportello e prevedeva non solo una stampa di resoconto a fine giornata, ma la visualizzazione sul server, minuto per minuto, di cosa facesse l'operatore di sportello, cioè di quante operazioni portasse a termine e in che tempi”, ha spiegato oggi Carmelo Ilardo, responsabile dell’Ufficio Vertenze CGIL di Bergamo. “La rapidità dell’avvicendamento, tra l’altro, provocava problemi di gestione del servizio oltre che un ritmo di lavoro troppo intenso. I lavoratori si erano rivolti a noi, esasperati, e alla fine il Direttore dell’ufficio aveva deciso di disattivare il nuovo sistema. Ma di questa sospensione si era accorta la direzione centrale di Poste a Roma, che subito era intervenuta. Nonostante diverse richieste di incontro rivolte all'azienda, Poste Italiane non ha mai voluto sentire ragioni”.
A quel punto, SLC-CGIL, SLP-CISL e UILPost di Bergamo, assistiti dallo Studio dell’avvocato Boiocchi, hanno deciso di presentare un ricorso al Giudice per comportamento antisindacale, dal momento che nessuno delle Rappresentanze Sindacali Unitarie era stato avvisato né coinvolto in fase di attivazione del sistema. Nemmeno le organizzazioni sindacali a livello regionale e nazionale erano state messe al corrente. Il Tribunale di Bergamo nel 2008 ha dichiarato l’antisindacalità dell’installazione di quel sistema informatico di rilevazione automatica. La questione, però, non è finita lì: con sentenza depositata il 20 ottobre 2010 anche la Corte di Appello di Brescia confermava la pronuncia del Tribunale di Bergamo.
Ora la Cassazione ha scritto la parola fine con una sentenza datata 3 dicembre 2015 e depositata in cancelleria il 9 febbraio scorso: “Si era in presenza di un sistema adottato per soddisfare esigenze aziendali, ma che consentiva il controllo a distanza dei lavoratori, sistema per il quale occorreva osservare la procedura di cui all’art. 4 della Legge 300/70 (Statuto dei Lavoratori), che non impedisce l’iniziativa del datore di lavoro e le innovazioni tecnologiche in caso di mancato accordo, ma semplicemente impone una verifica, prima in sede sindacale e poi eventualmente con l’Ispettorato del Lavoro, degli impianti, delle apparecchiature e dei sistemi che consentono il controllo a distanza per evitare un uso degli stessi in violazione dei diritti di libertà e riservatezza dei lavoratori” si legge nel testo della sentenza. Quella verifica prevista dalla legge, però, non era stata effettuata.