“Ha soffocato i suoi due bimbi, piangevano troppo”: mamma di 27 anni di Pedrengo accusata di doppio infanticidio

I piccoli avevano 2 e 4 mesi. La prima tragedia del 2021 era stata considerata una morte in culla ma la seconda, nel 2022, avevano convinto i carabinieri a indagare sulle due morti troppo simili

La casa della mamma di Pedrengo e i due bimbi, Alice e Mattia Zorzi

La casa della mamma di Pedrengo e i due bimbi, Alice e Mattia Zorzi

Pedrengo (Bergamo), 4 novembre 2023 – L’accusa è di quelle terribili: aver ucciso i suoi due figli di pochi mesi. Per questo stamani è stata arrestata dai carabinieri Monia Bortolotti, 27enne di Pedrengo, di origini indiane, adottata da piccola da una famiglia orobica. A far scattare la follia assassina potrebbe essere stato il pianto prolungato dei neonati. “Un gesto – sottolineano gli investigatori – che escluderebbe la possibile connotazione colposa”.

La morte del piccolo Mattia

L’inchiesta avrebbe preso il via dopo la morte del secondo figlio, il piccolo Mattia Zorzi, deceduto il 25 ottobre 2022, a soli due mesi. Una tragedia che seguiva quella della sorellina Alice, strappata alla vita a soli quattro mesi, nel 2021, e archiviata come morte in culla. Due decessi troppo simili tra loro e accomunati da una circostanza che non è passata inosservata agli investigatori: in entrambi i casi la mamma 27enne era sola in casa.

L’autopsia e la riesumazione di Alice

La Procura ha disposto l'autopsia e la riesumazione del corpo della piccola Alice. Ma il danneggiamento della bara non ha permesso di ottenere dati particolarmente provanti. Sembra però che per entrambi le morti vi siano comunque elementi o analogie medico-legali che, insieme all’inchiesta sul campo, hanno portato la Procura a disporre l’arresto della donna con l’accusa di duplice infanticidio. In particolare l’esito della autopsia sul corpicino del bimbo, ha messo il risalto come la morte fosse stata “causata inequivocabilmente da una asfissia meccanica acuta da compressione del torace”. Secondo gli investigatori tale asfissia meccanica era stata ottenuta attraverso un’azione volontaria, che evidenziava l’obiettivo di causare la morte del bambino.

Padrengo, l'abitazione della 27enne con i suoi bambini
Padrengo, l'abitazione della 27enne con i suoi bambini

I punti che non tornano nel decesso della primogenita

La morte del piccolo Mattia, nel 2022, aveva evidenziato la necessità di rivalutare anche il decesso della sorellina Alice, avvenuto il 15 novembre 2021. In quell’occasione la madre aveva sostenuto di aver dato il latte alla bambina e averla tenuta in braccio per farla digerire e infine addormentare. Salvo poi constatare, dopo essersi fatta una doccia, che la piccola nella culla era diventata cianotica e non respirava più. “Il medico intervenuto – spiegano gli inquirenti - nel constatare il decesso della bambina, in assenza di evidenti segni visibili all’esame esterno, aveva dichiarato di aver aspirato abbondante latte dal tubo endotracheale della bambina e aveva quindi spiegato che probabilmente la nascita prematura della stessa, nata di 7 mesi, aveva comportato un deficit della deglutizione, così da ritenere che la morte fosse avvenuta per cause naturali, riconducibili alla Sudden Infant Death Syndrome (SIDS), comunemente nota come “morte in culla”,  e che non fossero necessari ulteriori approfondimenti, consentendo il funerale della piccola Alice.

Incastrata da testimonianze e contraddizioni

L’’indagine, proseguita in modo tradizionale, sentendo specialisti, familiari e amici della donna e attraverso l’analisi della documentazione medica acquisita, ha consentito di mettere in fila una lunga scia di indizi di colpevolezza a carico della donna. Ma non è tutto. Una serie di dichiarazioni discordanti, fornite dalla 27enne nel corso del tempo, non hanno trovato poi corrispondenza reale facendo nascere più di un sospetto. La bambina, sebbene nata prematura e leggermente sottopeso, al momento delle dimissioni dall’ospedale e nelle successive visite pediatriche era risultata sostanzialmente sana, come il fratello.

“Condotta omicida”

Gli elementi raccolti nelle indagini avrebbero fatto così propendere per una morte avvenuta non per cause naturali, ma per asfissia. “Una condotta omicida analoga a quella utilizzata nei confronti del secondogenito – spiegano i carabinieri di Bergamo – , con l’utilizzo di un cuscino, a cui la donna aveva fatto riferimento, indicandolo quale possibile causa del soffocamento accidentale della piccola, solo dopo aver appreso delle indagini a proprio carico. Nel corso dell’indagine –aggiungono i militari dell’Arma – non è emerso, dall’esame della documentazione sanitaria dell’indagata prima e dopo gli eventi criminosi, un disturbo di tipo psichico, pertanto si ritiene che la stessa abbia agito nella piena capacità di intendere e di volere, apparendo lucida, ben orientata, con grande capacità di linguaggio, razionalizzazione e freddezza, caratteristiche palesate, tra l’altro, nell’organizzazione della propria difesa, dopo aver scoperto di essere sospettata dei due infanticidi”.