Patelli non ha chiesto aiuto, secondo il pm ha ucciso per rivalsa

Un elemento che pesa come un macigno sul ragazzo arrestato dopo aver colpito il tunisino Marwen Tayari incontrato poco prima

Alessandro Patelli

Alessandro Patelli

C’è un elemento che pesa come un macigno nei confronti di Alessandro Patelli, e lo ha sottolineato il gip Maria Beatrice Parati nelle sue nove pagine in cui motiva la convalida dell’arresto del ragazzo e la conferma del carcere. In nessun momento il 19enne ha provato a chiedere aiuto e tanto meno ha cercato di fuggire verso la propria abitazione. Senza dimenticare che era sulla porta di casa, e a poca distanza c’è la caserma della stazione dei carabinieri, in fondo a via Novelli. Circostanze, come ha sottolineato il giudice, che avrebbero consentito all’indagato di "sottrarsi all’asserita aggressione da parte della vittima, il tunisino Marwen Tayari". Il difensore del ragazzo, Enrico Pelillo, dopo l’interrogatorio di convalida ha detto che il suo assistitito aveva paura, ma per il pm, Paolo Mandurino, c’è la convinzione che abbia agito per "rivalsa". La contestazione è omicidio volontario aggravato dai futili motivi. Con le nuove regole introdotte nell’ordinamento, non c’è spazio per un processo con rito abbreviato che avrebbe garantito uno sconto di pena di un terzo. Si va verso il dibattimento. Nelle motivazioni il gip spiega che l’azione del Patelli risulta all’evidente sproporzionata: l’indagato ha attinto con sei coltellate, tutte in punte vitali (come ha confermato l’autopsia: letale quella al cuore) il Tayari. Le modalità di azione e i punti attinti appaiono indicativi della volontarietà che ha sorretto l’azione posta in essere dall’indagato". Per il tribunale il primo diverbio, che ha portato al successivo alterco e all’accoltellamento appare di tale lievità e sproporzione rispetto alla gravità del fatto. F.D.