
Il cascinale dove è stato freddato Agostino Biava
Bergamo, 9 giugno 2017 - Due omicidi, un solo filo conduttore, nessun colpevole. Casi archiviati, come ha chiesto la procura. Delitti senza autore. Quello di Sabadin Bregu, albanese, 34 anni, operaio ammazzato con 19 coltellate a Bergamo la notte tra il 21 e il 22 giugno del 2012, il corpo abbandonato in una roggia di Campagnola, l’auto data alle fiamme. E quello del suocero Agostino Biava (sua figlia Pamela era sposata con Bregu) allevatore di 46 anni, ucciso con un colpo di fucile a Villa di Serio, la sera del 25 gennaio 2013.
Omicidi intrecciati tra loro. Indagini complesse, svolte dai carabinieri del Nucleo investigativo di Bergamo e coordinate dai pm Carmen Santoro e Fabrizio Gaverini. Nessuna pista è rimasta inesplorata, ma nonostante gli sforzi investigativi non si è riusciti a identificare chi ha eliminato Sabadin e Agostino. Solo persone sottosposte a indagini. Olsen Likay, connazionale di Bregu. Giuseppe Capitanio, per l’omicidio Biava: aveva avuto una relazione con la moglie. A loro carico nulla è emerso.
Gli intrecci. L’omicidio di Bregu è maturato nel giro della droga e della prostituzione, la procura non pare avere dubbi. Del resto, come emerso dagli accertamenti, Bregu per un periodo aveva fatto il corriere per Likaj, che a sua volta gestiva una ramificata attività di cessione di cocaina, e successivamente si era messo in proprio, diventandone a tutti gli effetti un concorrente. Più difficile il caso Biava. Fin dall’inizio gli investigatori avevano pensato a una correlazione con la morte del genero. La sera in cui fu freddato, l’allevatore si trovava vicino alla stalla di casa (il cascinetto di proprietà della famiglia Pesenti-Pigna) a Villa di Serio. Il collegamento tra i due delitti era nel rapporto di parentela. Gli inquirenti hanno analizzato alcuni dati spuntati nel corso dell’indagine a carico di Likaj Olsen. Due le piste seguite: l’una tesa a considerare un’unica origine per i due delitti, l’altra indirizzata a valutare il secondo autonomo.
Gli investigatori hanno così approfondito il racconto di Pamela Biava: secondo lei l’uccisione del padre, collegata alla morte del marito, poteva essere il frutto di ritorsioni contro la propria famiglia. Chi aveva ucciso Agostino, dunque, lo aveva fatto per dargli una lezione visto che andava in giro dicendo che voleva trovare gli assassini del genero. Ma l’ipotesi non ha trovato riscontri. Anche la pista della droga non ha portato a nulla, così come quella dei contrasti personali. Non si è neppure tralasciata la pista passionale.
L’allevatore aveva scoperto che la moglie Anila aveva avuto una relazione con Capitanio, situazione che lo aveva irritato. Anila aveva un rapporto di amore-odio con il marito. In un messaggio inviato a un amico nel luglio 2012, scrisse di «non riuscire a sopportare più il coniuge e di augurarsi che il Signore glielo togliesse di torno». Anche gli approfondimenti su questa pista non hanno portato alcun risultato. Al Capitanio era stato estrapolato un tampone salivare, che aveva dato esito negativo. Una mole di lavoro, dove non è stato tralasciato nulla, ma che a nulla ha portato.