Bergamo: che fine farà il monastero Matris Domini? I dubbi dopo l’addio delle suore domenicane

La storia del complesso: dal primo nucleo nella seconda metà del XIII secolo alla trasformazione in ospedale militare, seguita dalla riapertura al culto

Bergamo, 28 marzo 2024 – E adesso che le ultime suore rimaste verranno trasferite in Toscana, che ne sarà dell’antico monastero Matris Domini? È questa la domanda che circola in città dopo che si è diffusa la notizia dell’addio delle cinque monache fino a oggi impegnate in preghiera e meditazione all’interno del complesso di via Locatelli, a pochi metri dalla stazione di partenza della funicolare che porta in Città Alta.

L’annunciato trasferimento delle religiose in una comunità dell’Aretino, infatti, getta “ombre” sul destino del complesso monumentale, risalente alla metà del ‘300. Se la chiesa, vincolata dalle Belle Arti, resterà intatta, altrettanto non è possibile dire con certezza del monastero vero e proprio, composto dalla foresteria con dieci camere e gli spazi in uso alle suore. 

L'esterno del monastero e, a destra, uno degli affreschi nel museo
L'esterno del monastero e, a destra, uno degli affreschi nel museo

Cenni storici

Il complesso domenicano fu fondato nella seconda metà del XIII secolo. In precedenza nell’area si trovava un edificio di pertinenza di un ospedale. Una prima citazione nei documenti si ha nel 1273, anno di consacrazione della chiesa. Seguono un rinnovamento nel 1308 e la ricostruzione ex novo nel 1359, quando chiesa e monastero assumono la conformazione attuale.

A fine ‘700 il convento viene soppresso, venendo trasformato in ospedale militare dagli austriaci nel 1832. Tre anni dopo, nel 1835, la riapertura al culto. Con un’ulteriore parentesi legata a vicende belliche: durante la seconda guerra mondiale, infatti, parte della struttura fu utilizzata come carcere politico.  

Il museo

Il monastero ospita anche un importante museo, altro dettaglio che spinge per una sua conservazione, al di là dell’addio di chi attualmente lo abita. L’esposizione custodisce affreschi del ‘200 e del ‘300, suddivisi in due gruppi.

Del primo fanno parte i più antichi, che si trovavano nella sala chiamata “refettorio vecchio”, il secondo invece comprende pitture provenienti dall’abside dell’antica chiesa romanica del monastero sfuggite alla distruzione seguita al rifacimento in stile barocco di cui la chiesa fu oggetto nel corso del XVII secolo.