"Messina non è facile da capire. Milano però deve fidarsi di lui"

Con i biancorossi ha vinto 5 scudetti e due Coppe dei Campioni: "Anche oggi farei la mia bella figura. Ora si allenano di più, ma spesso al momento di tirare passano la palla al compagno per paura di sbagliare".

Roberto Premier tra Olimpia Milano e Vigevano. Perchè l’Ariete di Spresiano, che dal Veneto ha poi sposato i suoi orizzonti a Gorizia, la Lombardia l’ha vissuta e interpretata con tre maglie.

E se la chiusura è arrivata alle porte del nuovo millennio con Pavia, prima ha brillato negli anni ’80 con l’Olimpia Milano, per poi vivere un biennio di altissimo livello in quel di Vigevano, a metà dei ’90.

Premier, se lei giocasse oggi...

"Domanda difficile. Ogni cosa ha il suo tempo, avrei avuto probabilmente il mio posto anche oggi, ma sarebbe stato diverso. Avrei per esempio dovuto curare gli allenamenti più sul fisico che sulla tecnica. Nel basket attuale vedo meno tecnica, a meno di un talento innato, e più focalizzazione sull’aggressività fisica. Vedo gente che riceve palla, che non guarda il canestro, non valuta se è libera o meno, che a volte rinuncia al tiro a favore di quel paio di compagni designati ad essere il riferimento. C’è meno coralità".

Sette o otto gregari al fianco di due giocatori di riferimento.

"Ho visto Stella Rossa-Virtus Bologna. Milos Teodosic prende tiri e responsabilità come una volta. Lui lo fa, altri no. E tornando al mio posto oggi, sicuramente avrei dovuto allernarmi di più. E come noto, ai giocatori piace più andare in campo che allenarsi".

Spesso i tifosi attaccano l’allenatore dicendo: devi far riposare questo, devi far riposare quello. A meno di problemi fisici, i giocatori la pensano molto diversamente.

"Un giocatore vorrebbe restare in campo quaranta minuti. Non ho mai conosciuto compagni o avversari che stessero in panchina contenti e felici. Sicuramente con i ritmi di adesso, con il numero delle partite e l’aggressività richiesta, qualche pausa è necessaria. La bravura dell’allenatore sta nel gestire queste pause nel modo migliore. Ma i roster un tempo erano a nove giocatori al massimo se facevi le coppe...".

Il ricambio e la possibilità di turnover esiste.

"Mi fa sorridere quando sento che le squadre sono stanche. Se ti alleni, se inizi la preparazione credo che tu possa lavorare su un programma che punti a coprire tutte queste partite. Non capisco questo discorso della stanchezza. Credo che il problema sia più la lucidità a livello mentale. Quando si arriva alle finali sento spesso parlare di stanchezza come alibi. Ma se lavori tutto l’anno per arrivare a quell’obiettivo, se poi sei statoco significa che tu, allenatore, hai sbagliato tutto".

L’Olimpia ha grande attenzione verso il passato come dimostrano gli ultimi ingressi nella Hall of Fame del club.

"D’altronde l’Olimpia è la storia del basket italiano. Vogliono tenere viva questa storia, non seppellirla. A me fa piacere, è bello condividere ricordi e cammini comuni".

Intanto la squadra ha mostrato segnali di ripresa in EuroLeague nel pieno di una stagione negativa. Si vedono i segnali di un cambiamento?

"Non lo saprei dire. Potrei anche notare un cambiamento, ma se poi perdono di 20 a Kaunas? E’ stata una stagione altalenante, c’è ancora la possibilità di rimediare e rimetterla in piedi, però sinceramente faccio fatica a scommetterci sopra. Se riescono a farlo bravi, se non ci riescono bisogna mettere tutto da parte e lavorare sul futuro". Sempre con Ettore Messina al timone?

"Messina è un grande allenatore. A volte faccio fatica a interpretare determinate sue decisioni o atteggiamenti verso i ragazzi. Li tratta come fossero Juniores, secondo me esagerando un po’ nella durezza dei trattamenti. Ma bisognerebbe essere dentro, gli spogliatoi e la testa dei giocatori. Ha la fiducia della società, giusto avanti lui".

E chiudiamo con Vigevano, che oggi punta a mantenere un posto in A2.

"Ho fatto due anni bellissimi, la città è tutta coinvolta nel basket. Ha avuto fatti e nefasti, pian pianino è riuscita a ritornare e deve cercare di resistere e crescere. Quando entravi in campo, con quel tifo partivi con 10-15 punti di vantaggio".