Omicidio Yara, “Bossetti vuole dimostrare la sua innocenza. È la sua ragione di vita”

L’avvocato Salvagni non esclude che l’accesso ai reperti a possa portare a “un risultato differente rispetto a quello a cui è giunta l'accusa"

Massimo Giuseppe Bossetti

Massimo Giuseppe Bossetti

Nuovo capitolo giudiziario nel caso Yara Gambirasio, la 13enne di Brembate trovata morta in un campo a Chignolo d'Isola il 26 febbraio 2011, tre mesi dopo la sua scomparsa. La Cassazione ha accolto nuovamente il ricorso della difesa di Massimo Bossetti per l'accesso ai reperti. Il muratore di Mapello, condannato all'ergastolo per l'omicidio della 13enne, che proprio domenica scorsa avrebbe compiuto 26 anni, continua a dichiararsi innocente. 

L'avvocato Claudio Salvagni, ha raccontato a "Crimini e Criminologia", trasmissione in onda su Cusano Italia TV, di aver trovato  Bossetti “molto contento per questo risultato perché è la sua ragione di vita, quello che lo fa sperare e lo tiene in vita. Mi ha detto testualmente, 'io voglio riuscire a dimostrare di essere innocente e spenderò tutte le energie che ho a disposizione per poterlo fare; questa notizia per  me è una bella iniezione di fiducia'. Ovviamente, adesso - ha precisato l'avvocato Salvagni - dobbiamo aspettare di conoscere le motivazioni, perché disegneranno il perimetro entro cui dovrà muoversi la Corte di Bergamo. E ci auguriamo che stavolta i giudici dispongano finalmente l'esame dei reperti".

La Prima Sezione della Suprema Corte ha di fatto annullato l'ordinanza del 21 novembre 2022 della Corte d'Assise di Bergamo che aveva negato ai legali il diritto di accedere ai reperti confiscati ai fini dello svolgimento di indagini difensive, in vista dell'eventuale revisione del processo.  

“Noi, per usare un termine sportivo – ha aggiunto Salvagni –, abbiamo piazzato un parziale di 4-0 dal 2019; cioè abbiamo vinto 4 volte con altrettante sentenze della Suprema Corte e due volte non abbiamo perso perché il ricorso era stato trasformato in opposizione. Questo dimostra che la difesa deve poter esercitare il diritto di avere accesso ai reperti per nuovi esami, e che i giudici di Bergamo in maniera incredibilmente pervicace negano da ormai 4 anni questo sacrosanto diritto di Massimo Bossetti. Faccio presente che in Cassazione i ricorsi accolti sono  pochissimi, sono circa il 3%; noi invece stavolta abbiamo ottenuto il quarto annullamento. Io però resto dell'idea - ha concluso Salvagni - che si voglia mettere una pietra tombale su questo processo e non si voglia concedere in alcun modo a Bossetti la possibilità di esaminare quei reperti perché porterebbe a un risultato differente rispetto a quello a cui è giunta l'accusa".