L’Sos degli spedizionieri bloccati dalla crisi ucraina

Angelo Colombo, presidente provinciale Asco: merci a rischio di andare distrutte

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di Michele Andreucci

La situazione è sempre più difficile e non si sblocca. Anche gli spedizionieri bergamaschi devono fare i conti con la guerra in Ucraina che causa il blocco delle merci per lunghi periodi, piazzali strapieni di container, attese che sembrano non finire mai, ma anche camion dispersi lungo le rotte dell’Ucraina, con autisti che probabilmente avranno avuto l’esigenza di mettersi al riparo e merci che potrebbero essere andate distrutte. E le perdite di fatturato iniziano a pesare e ad essere consistenti. Spiega Angelo Colombo, presidente provinciale Asco, l’associazione che raggruppa spedizionieri, corrieri e autotrasportatori e ceo dell’azienda Zaninoni I.f.a. di Bagnatica: "Se si considerano gli investimenti, nei luoghi del conflitto, delle aziende di spedizione bergamasche impegnate a vario titolo nella filiera, possiamo affermare che negli ultimi due mesi ci sono state perdite di fatturato complessive non inferiori ai 10 milioni di euro". Oltre alle forti criticità legate alla guerra in Ucraina, l’aspetto nuovo, che peraltro è un "déjà vu" di mesi fa, è il fatto che in alcuni porti cinesi il ritorno di Omicron stia determinando una nuova chiusura totale o parziale, con conseguente blocco delle merci e navi in rada per parecchio tempo. Ma è sul fronte della guerra che fatalmente la paralisi delle merci è ormai pressoché totale. Gli spedizionieri bergamaschi, coi rappresentanti di varie province, sono stati ricevuti, come Confederazione trasporti a Roma dal ministro Di Maio, al quale hanno spiegato la delicata evoluzione dei trasporti merci nelle zone di guerra. "Nell’audizione di Roma - precisa Sandro Cortinovis, segretario Asco spedizionieri di Bergamo - abbiamo ribadito al ministro Di Maio la nostra fortissima preoccupazione perché non vediamo evoluzioni positive. In Ucraina abbiamo merci ferme, soprattutto nel porto di Odessa, che potrebbero essere andate distrutte. E anche in altre zone del mondo non interessate direttamente dalla guerra, ci sono settori che lavorano con i container, come legname o grano, che rinunciano perché l’impennata dei costi di trasporto vanifica gli introiti".

"A Odessa - prosegue Colombo - la situazionepare fuori controllo. Come azienda Zaninoni abbiamo molte merci ferme là, oltre alle 1.700 tonnellate di tubi nel porto di Novorossiysk con destinazione Sokhna, e non si trova una nave per il trasporto. Tragica poi la situazione nel Donbass, fonte siderurgica per tante aziende bergamasche.