FRANCESCO DONADONI
Cronaca

"L’ho spinto io. Adesso sono libero"

Omicidio di Franco Colleoni, al processo l’ex moglie riporta la confessione del figlio accusato di parricidio

di Francesco Donadoni

Tra padre e figlio c’era un rapporto conflittuale. Difficile, teso. Dove il primo, Franco Colleoni, 68 anni, storico leghista di Dalmine (è stato segretario provinciale e assessore in Provincia) titolare del ristorante “Il Carroccio“ a Brembo di Dalmine, prevaleva da padre-padrone. "Che comande me" (qui comando io) ripeteva a Francesco, 34 anni, il secondogenito ora in carcere per l’omicidio del padre la mattina del 2 gennaio nel cortile del ristorante, in via Sertorio.

Un quadro familiare che, udienza dopo udienza, si va dipanando. Soprattutto dopo la deposizione della mamma di Francesco e Federico (anche lui ieri sul banco dei testi: ha parlato a porte chiuse), Tiziana Ferrari, 74 anni, ex moglie della vittima. Voce rotta dall’emozione, mani tremanti, quando il presidente della Corte d’Assise, il giudice Giovanni Petillo, le ha chiesto se intendeva testimoniare, ha risposto decisa: "Certo".

Francesco, seduto dietro gli avvocati, scoppia a piangere: la voce della madre lo riporta a casa, all’intimità di tutti i giorni, come quella mattina in cui avevano fatto colazione assieme. La madre inizia a srotolare, tra ricordi mai sbiaditi, la vita passata accanto a Franco Colleoni. Fino al ’98, quando ha deciso di separarsene. "Mi aveva picchiata davanti ai figli piccoli. Era aggressivo, voleva sempre comandare. Non ha mai dato l’immagine di un padre presente per i figli. Non è mai stato un loro punto di riferimento. Dopo la separazione sono rimasta a vivere in un appartamento dove si trova anche il ristorante ma solo per cercare di proteggere i miei figli. Lui imponeva sempre le proprie decisioni. Era impossibile andargli contro e Io ne soffrivo. Era un padre-padrone. Con Francesco i rapporti erano pessimi, ma anche con Federico".

Tiziana Ferrari ricorda quella discussione avuta qualche giorno prima del delitto, per via degli alberi da tagliare perché pericolanti per la neve. "Francesco mi ha difeso dal padre. Si doveva fare come voleva lui. Francesco ha deciso di andare a farsi le ossa come cuoco anche all’estero, ha girato, poi è rientrato al Carroccio sollecitato dal fratello. Il ristorante non stava andando bene, e Federico aveva chiesto al fratello di lavorare qui. Francesco ci teneva al ristorante. Aveva anche chiesto al padre di cederlo a lui ma niente, continuava a tergiversare su una decisione che non è mai arrivata. Lo ha sempre preso in giro".

Un salto in avanti, alla drammatica scoperta del cadavere di Franco Colleoni, con la testa fracassata, in un lago di sangue. "Quella mattina ero andata a fare le spese. Al mio rientro ho visto i vicini che mi facevano segno di fermarmi. Sono scesa dall’auto e mi hanno raccontato di aver sentito urla di aiuto provenire dalla casa. Ho pensato che fossero entrati i ladri. Sono salita, ho chiamato Francesco e siamo andati in giardino. Mi ha detto di stare tranquilla". Dopo l’omicidio madre e figlio vengono convocati in caserma dai carabinieri per essere sentiti. Sono soli nella saletta d’attesa. Ed è allora che l’imputato, avvicinandosi alla madre, le sussurra: "Sono stato io. Ma ora sono tranquillo. Mi sento libero".

Poi sono stati sentiti il maresciallo del Nucleo investigativo che ha condotto le indagini, il medico legale che ha effettuato l’autopsia, un maresciallo del Ris. Prossima udienza il 4 novembre.