
Giorgia Testa
Nel 2024, secondo il report 2025 della piattaforma di analisi dei dati Statista, il 68,08% dei giovani italiani ha dichiarato di aver assistito ad atti di bullismo o di cyberbullismo. Ad essere presi di mira sono stati in prima istanza l’aspetto fisico (60% per le femmine, 49% per i maschi) e la personalità (46% per le femmine, 56% per i maschi). Inoltre, la scuola rimane il luogo principale in cui si verificano episodi di bullismo.
Ne sa qualcosa Giorgia Testa, bergamasca classe 1996, attrice, cantante e scrittrice, ma soprattutto ideatrice e presidente dell’associazione La Musica del Cuore. “Il periodo peggiore è stato alle elementari, quando venivo bullizzata per le mie cicatrici legate agli interventi che ho subito a partire dalla nascita per una cardiopatia” racconta. Da quell’esperienza è nato un libro, “Dietro le mie cicatrici”, edito da Chronos nel 2023, ma soprattutto si è accesa in lei una scintilla di rabbia, riscatto e attivismo per la sensibilizzazione sociale. Così ha scelto di mettersi in gioco, puntando a raccontare le storie dei bambini e famiglie che hanno avuto esperienze in prima persona nei reparti di cardiochirurgia e chirurgia pediatrica attraverso le cose che ama di più, la musica e il teatro, e di promuovere l’accettazione di sé stessi educando alla cultura della differenza come elemento di unicità.
Una missione che ora si arricchisce di un’ulteriore iniziativa. Nell’ambito del progetto Supereroi dell’associazione è stata infatti annunciata la creazione di uno sportello online creato per supportare le vittime di bullismo nelle scuole. Un punto di riferimento sicuro, un luogo di ascolto e accoglienza per chi vive situazioni di disagio, ma anche per chi si sente insicuro o ha difficoltà ad avvicinarsi alla psicoterapia. Per i casi più complessi, sarà inoltre possibile usufruire di un supporto legale dedicato, a disposizione delle famiglie e dei ragazzi.
Giorgia, come nasce lo sportello e perché la scelta del nome “Supereroi” per il progetto?

“È un classico sportello di supporto psicologico che però per presentarlo ai bambini più piccoli sembrava carino dargli un titolo che li avvicinasse a quello che poi noi portiamo nelle scuole. È qualcosa a cui pensavo da sempre, ma a dare il via al progetto è stato l’incontro con l’avvocato che ci segue quando ho fatto un firmacopie del mio libro: si era innamorata della mia storia e dopo averlo letto mi ha contattato per darmi la sua disponibilità. Poi tramite la mia psicologa ho iniziato a trovare persone che lavorassero nelle scuole trattando questa tematica”.
Con La musica nel cuore lavorate già stretto contatto con le scuole. Che tipo di lavoro fa l’associazione in questo contesto?
“Andiamo a parlare di bullismo. Gli interventi mi piace che siano molto dialogativi con i ragazzi, con domande aperte a cui possono rispondere anche in anonimo. Solitamente partiamo da una testimonianza personale, la mia o quella di altre. Facciamo anche delle domande provocatorie ai ragazzi, per far uscire il motivo per cui si creano certe situazioni, da chi non si sentono ascoltati. Voglio affrontare con loro la dinamica sociale che sta dietro al bullismo, in maniera aperta. È bello vedere poi quanti ti ringraziano dopo, per aver avuto l’occasione di poter parlare di determinati argomenti, e ti rendi conto di quanto bisogno di supporto abbiano perché non c’è o non tutti se lo possono permettere”.
Questo dialogo avviene con gli studenti più grandi immagino. Ma con i bambini e le bambine delle scuole elementari?
“È qui che entrano in campo i Supereroi. Si tratta di un progetto più artistico, dove si va a esplorare coi bambini il loro superpotere di tutti i giorni. Lavoriamo su due cose: l’autostima del bambino, e infatti una prima parte del lavoro è chiedere di farsi dei complimenti; il lato artistico, creando maschere insieme, per sviluppare con ognuno il proprio supereroe, e quando ci sono giornate di progetto più lunghe allestiamo piccoli spettacoli di teatro”.
Cos’è il superpotere di tutti i giorni?
“È una cosa che senti che ti rappresenta o sei brava a fare, e quindi esserne orgogliosa può aiutare anche qualcun altro, non è finalizzata solo a te stessa. Quindi si crea un dialogo con l’altro. Sta tutto lì. Il bullismo nasce dal non conoscere qualcosa, dalla paura del diverso, e se noi invitiamo a non fermarsi solo a quello che vediamo ma a provare a conoscere davvero una persona, all’ascolto, all’empatia, magari non si riuscirà ad abbattere il bullismo, perché secondo me è una cosa impossibile da estirpare del tutto, ma si può certamente migliorare la situazione di chi lo vive”.
Come rispondono gli insegnanti ai vostri progetti? Perché la lotta al bullismo non si può esaurire in un’unica seduta con esperti o associazioni esterne, ma dovrebbe essere un percorso costante
“Le scuole superiori aprono di più le porte a progetti, con le assemblee di istituto e mi piace interrogare anche i docenti, così lo studente non deve esporsi, si sente più tutelato. Alle elementari ho avuto esperienze contrapposte. Ci sono insegnanti presenti attivamente che vogliono poi continuare ad aiutare i ragazzi; invece una volta, mentre facevo l’esercizio sul complimento che per alcuni può essere molto difficile, un bimbo di 9 anni non aveva capito cosa dovesse fare ha chiesto aiuto all’insegnante che ha replicato: ‘io avrei voluto avere degli studenti intelligenti e invece mi siete capitati voi’. Una frase denigratoria e inopportuna. L’insegnante è una figura di riferimento fondamentale per i bambini e se parli in un certo modo ai tuoi studenti loro lo assimilano. Mi piacerebbe che fosse fatta un’analisi psicologica annuale sui docenti, per non rischiare che sfoghino i loro problemi e frustrazioni sui ragazzi. Il mio lavoro è sporadico, il cambiamento deve essere sistemico”.
Che rapporto ha con la musica?
“L’associazione è nata perché con la musica e il teatro voglio cercare di normalizzare tutte le tematiche che noi portiamo a scuola. Tra l’altro siamo finalmente attivi anche in cardiochirurgia a Bergamo quindi anche lì l’idea è partire con il lavoro in reparto e poi continuare con workshop artistici fuori per i bambini. Per me la musica è sempre stata il mezzo che mi permetteva di esprimere le cose che tenevo dentro e non riuscivo a esternare con le parole. E poi due cose divertenti: mia mamma ha fatto 14 ore di travaglio, sembrava che non volessi nascere, e invece appena hanno messo una canzone sono nata; quando ho fatto l’ultimo intervento per la cardiopatia prima di entrare in sala operatoria mi sono messa a cantare. La musica mi ha salvato la vita. E come il teatro è un mezzo con cui puoi renderti vulnerabile sentendoti comunque al sicuro”.
E con i social?
“Ho un rapporto strano, ma mi piacciono molto. Ho iniziato a creare contenuti nel 2020 con TikTok, insegnavo italiano e inglese online con un audience abbastanza grossa, ed è lì che ho iniziato a vedere il potenziale. Poi per un anno e mezzo ho smesso di postare su questo profilo perché ho avuto una sorta di rifiuto per l’esposizione, era una cosa nata per mantenermi ma non era quello che volevo fare veramente e la mia serenità mentale dipendeva troppo dal rendimento del singolo video. Trovo che abbiano davvero un grosso potenziale per crearti una comunità, per raggiungere persone che credono in quello che fai o ne hanno bisogno. Il problema è la costanza, quindi anche con l’associazione stiamo cercando un format che ci permetta di essere costanti. Se lo si sa usare in maniera positiva penso che il social possa fare la differenza e cambiare la vita di tante persone. Ma come tutte le cose devi saperla usare e bene, altrimenti puoi fare solo peggio”.
Il bullismo corre anche in rete: ha avuto a che fare con gli haters? In che modo si può “spegnere” l’odio online?
“Mi fa ridere che ho avuto haters perché insegnavo italiano e c’erano persone che mi riprendevano sulla pronuncia di alcune parole. Alcune volte quando vanno più sul personale fai finta che non ti interessino ma non è così. Ne parlo tanto coi ragazzi delle superiori: è facile scrivere un commento, è facile sentirsi protetti dietro uno schermo, ma ci ricordiamo sempre più delle critiche che dei complimenti, hanno un effetto su chi sei e come ti vedi nonostante tu non conosca la persona che li scrive. Devi imparare a gestire l’odio social, il che è molto triste ma è così, e non è sempre semplice. E l’altro aspetto che può diventare tossico è la dipendenza dal successo di un post, non riusciamo più ad accettare il fallimento come costruttivo”.
Un discorso, quello del fallimento, che si applica anche al contesto scolastico?
“Certo. Io ho avuto la fortuna di frequentare una scuola montessoriana e Maria Montessori è il mio punto di riferimento nella vita. Lei insegnava che ognuno ha un modo diverso di apprendere le cose ma noi abbiamo un sistema scolastico frontale, in tutti devono essere uguali e funzionare allo stesso modo, ma il nostro cervello non funziona così. Insegno a ragazzi che hanno Dsa, Adhd e sai quante volte vengono fatti sentire inutili o non capaci, ma semplicemente il loro cervello funziona in maniera diversa non è limitato. Quindi lavorare con i miei studenti per me significa creare il metodo per loro, e dovrebbe essere così ma nella nostra società non è fattibile. Ma intanto parliamone. Mi piace citare Ed Sheeran che ci dice che non c’è successo senza fallimento, che il fallimento deve essere l’obiettivo per crescere”.
Pensando a un suo sogno da bambina si è realizzato? E cosa sogna oggi Giorgia?
“Fin da piccola ho sempre voluto fare l’attrice e la cantante e a 5 anni dicevo sempre a mia nonna che volevo vivere a New York. Se guardassi ora la Giorgia piccolina che non sapeva nemmeno se avrebbe mai potuto prendere un aereo a causa del suo cuore… Ho vissuto a New York, ho studiato in un’accademia come quelle che vedevo in televisione: due cose che mi dimentico a volte di aver fatto ma che rappresentano la realizzazione di un sogno. Poi certo sognavo di vivere come cantante e tante cose non sono andate come dovevano andare. Ma c’è ancora quella cosa del vorrei vivere della mia arte, la mia creatività non si ferma mai e quindi questo è il mio sogno adesso”.
Se la sua vita avesse una colonna sonora di sottofondo adesso quale sarebbe la canzone che la accompagna tutti i giorni?
“Allora una canzone che mi aiuta a uscire dai miei momenti difficili o tristi è Me too di Meghan Trainor. Invece la colonna sonora di questo periodo penso sia Enough degli Ateez, un gruppo Kpop con cui sono entrata in fissa da pochissimo, che parla di quando le cose si fanno difficili e devi comunque credere in te”.
Giorgia, per finire adottiamo il suo metodo: che complimento fa a se stessa?
“Mi dico che anche se ci vuole tanto tempo ed è difficile riesco sempre a realizzare le idee che mi metto in testa, che le porto a termine”.