Elena Casetto uccisa a 19 anni dal rogo in Psichiatria: il mistero del secondo accendino

Bergamo, testimoni in aula i pompieri e la Scientifica: "Lei era legata al letto, un accendisigari pure sull’altro comodino"

Elena Casetto

Elena Casetto

Prosegue il processo per la morte di Elena Casetto. Una vita bistrattata, Elena aveva 19 anni quando, la mattina del 13 agosto del 2019, morì soffocata dal fumo e dai vapori bollenti dell’incendio che lei stessa aveva appiccato – le era stato trovato addosso un accendino – nella stanza 017 del reparto di Psichiatria del Papa Giovanni XXIII, dov’era ricoverata.

Il processo vede imputati per omicidio e incendio colposi Alessandro Boccamino, 32 anni, di Lissone, ed Eugenio Gallifuoco, 31, di Paderno Dugnano, addetti della Squadra antincendio della Gsa, società di Udine che gestiva il servizio all’ospedale. Per l’accusa sarebbero intervenuti senza adeguati dispositivi di protezione e in ritardo. Il dramma di quella mattina è tutto nel racconto dei vigili del fuoco del distaccamento di Dalmine, arrivati per primi sul posto, e dei colleghi della Centrale di Bergamo, intervenuti per domare il rogo nella stanza. Elena era sola, perché contenuta. L’allarme alle 10.18.

«Le fiamme e il fumo si vedevano a distanza – ha raccontato Angelo Zanchi – Arriviamo all’ingresso e troviamo un addetto dell’antincendio che ci indica il percorso da seguire per raggiungere il terzo piano. Il fumo era così denso che non si vedeva nulla. Abbiamo avanzato tastando le pareti. Ma quando abbiamo sentito che il calore aumentava, abbiamo deciso di tornare sui nostri passi, era troppo pericoloso proseguire e siamo scesi al secondo piano. La combustione era stata forte, il reparto nel frattempo era stato evacuato".

I pompieri, grazie anche alle indicazioni di una dottoressa, raggiungono Psichiatria da un altro accesso. L’allarme era in funzione, ma nella stanza gli sprinker erano tappati per una questione di sicurezza. Solitamente vengono posizionati sulle scaffalature, a livello del soffitto e in caso di incendio il calore sviluppato provoca l’apertura degli erogatori che rilasciano acqua per estinguere il rogo. Sono stati trovati anche tre estintori, due utilizzati e un terzo no. "C’era tanto fumo – ha ricordato Domenico De Carlo – la visibilità era pari a zero. Finalmente grazie anche ai colleghi dell’autoscala la temperatura nel corridoio si era abbassata, anche il fumo era meno denso. A un certo punto ho impugnato una manichetta e con quella ho spento le fiamme che avevano avvolto la porta della stanza che Ci era stata indicata e dove ci era stato detto che si trovava una persona. Quando siamo entrati, il fuoco aveva danneggiato la struttura. Tastando per terra, abbiamo trovato il cadavere".

Poi è stata la volta della Polizia scientifica: Elena Casetto era a terra, carbonizzata, una cinghia con cui era contenuta al letto ancora legata alla caviglia sinistra. Sul comodino dell’altra paziente i resti di un accendino, un secondo oltre a quello che un poliziotto ha trovato nel sacco in cui si trovava il corpo di Elena prima dell’autopsia. Prossima udienza il 2 marzo.