REDAZIONE BERGAMO

Cugino ucciso a martellate Arma usata e colpi ripetuti: sapeva di causarne la morte

Bergamo, depositate le motivazioni della condanna di Eliana Mascheretti a nove anni. Alla donna che ha inferto 90 fendenti riconosciuta la parziale incapacità di volere

Lei ha sempre sostenuto che non voleva fare del male al cugino. E lo ha rimarcato davanti alla Corte d’Assise, ai giudici popolari, durante il suo esame. Una dura prova per Eliana Mascheretti, 62 anni, ingegnere, condannata per la morte del cugino Giuliano, di 73 anni, a 9 anni e 4 mesi per omicidio volontario con l’attenuante del parziale vizio di mente (accolta la richiesta dell’accusa, pm Marchisio), oggi ai domiciliari con braccialetto elettronico. Il dolo che ha animato la Mascheretti – che ha agito in stato di parziale incapacità di intendere e volere –, è certamente di tipo omicidiario non essendo plausibile che nello sferrare 90 colpi di martello non si sia rappresentata l’evento morte come probabile. Sono infatti presenti e evidenti elementi sintomatici dell’accettazione del rischio di procurare la morte, come si legge nelle motivazioni della sentenza. Dal tipo di arma utilizzato, il numero di colpi sferrati, la violenza dei fendenti.

Il suo eventuale ravvedimento post fatcum peraltro tardivo e inidoneo a evitare l’evento non consente di escludere il dolo omicidiario. Una tragedia famigliare avvenuta nella bella villa dei genitori di Eliana, a Pedrengo, dove lei aveva deciso di ospitare il cugino. La sera del 20 dicembre 2020 litigarono, e scattò una furia: colpì il cugino con 90 martellate provocandogli un politrauma contusivo in varie parti del corpo con conseguente malore, episodio di vomito e inalazione massiva di cibo che gli ostruì la vie respiratorie causando un soffocamento. Il giorno della sentenza commentò: "La mia intenzione non era fare del male, provocando la morte di mio cugino. Non so com’era il mio stato mentale, lo sanno gli esperti. Passa il tempo e il ricordo si affievolisce, ma è sempre presente. Mio cugino mi manca da morire". Gli avvocati di Mascheretti, Carlo Cofini e Francesca Longhi, hanno presentato ricorso in appello. Una storia di solitudine tra due persone che ad un certo punto hanno deciso di consolarsi a vicenda. La vittima era un professore di liceo, solitario e schivo, fragile psicologicamente, che aveva sempre vissuto con i genitori fino alla loro morte e aveva dilapidato le sue risorse economiche. È stata la cugina Eliana a proporgli di andare a vivere con lei e lasciare la struttura dove era ricoverato. Una convivenza tra alti e bassi, che negli ultimi tempi era diventata faticosa.

Francesco Donadoni